Il governo abbandona a se stesse le aree interne e montane più fragili. E’ la denuncia che il senatore ossolano Enrico Borghi, vicepresidente di Italia Viva, fa nella sua consueta rubrica sulla Stampa Diocesana dopo aver preso visione del nuovo documento del governo Meloni sulla rimodulazione della Strategia Nazionale Aree Interne, della quale era stato il delegato governativo durante gli esecutivi Renzi e Gentiloni.
“Sta facendo discutere -scrive infatti Borghi- il documento ufficiale, varato dal governo, sul futuro delle cosiddette "Aree Interne", ovvero tutte le zone rurali e montane italiane che sono distanti dai centri decisionali e metropolitani dove sono concentrare le opportunità di crescita, sviluppo, lavoro e ricchezza. E che riguardano quindi tutti i territori dell'alto Piemonte, con le sue vallate e i suoi limiti geografici che ne rendono complicata l'erogazione dei servizi e la redditività degli investimenti.
A pagina 45 della rimodulazione del programma, si legge una frase che lascia di stucco. Testuale: "un numero non trascurabile di Aree Interne si trova già con una struttura demografica compromessa (popolazione di piccole dimensioni, in forte declino, con accentuato squilibrio nel rapporto tra vecchie e nuove generazioni) oltre che con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste Aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sè stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita".
E' l'epitaffio per centinaia di comunità dei nostri territori. Per lo Stato, siccome la dinamica socio-economica ha imboccato una determinata direzione, non bisogna operare per invertirla, ma solo assecondarla cercando di indorare la pillola. Visto che siamo in tempi di legge sul fine vita, si potrebbe dire che secondo il governo il compito dello Stato è fornire qualche cura palliativa a comunità che vanno accompagnate verso la loro fine.”
A questa constatazione, il parlamentare fa seguire una serie di riflessioni.
“ E'la resa della politica -osserva- Che ha la sua funzione, la sua dignità e la sua bellezza quando si pone come obiettivo quello di cambiare il corso della Storia e degli eventi. Altrimenti, basta qualche semplice funzionario che prende atto.
E' chiaro che esistono dinamiche in atto. Montagne e campagne si stanno svuotando (anche se con dinamiche diverse fra loro, come conferma il recente "Rapporto Montagne Italia" presentato qualche giorno fa a Domodossola da Uncem), le città si rimodulano. Quasi duecentomila giovani lo scorso anno sono emigrati all'estero. La ricchezza si sta concentrando in poche mani, con un ceto medio sempre più impoverito. Se applicassimo il metro usato sulle Aree Interne, dovremmo rassegnarci all'idea che la politica asseconda queste dinamiche di oggettiva ingiustizia sociale, anzichè operare per ripristinare condizioni di uguaglianza. Avessero ragionato così i nostri padri costituenti all'indomani dello sfacelo della Seconda Guerra Mondiale, non ci sarebbe praticamente stata la ricostruzione!”
Da qui l’esortazione finale:
“E' utile ricordare -conclude- che questa impostazione contrasta del tutto con i precetti e lo spirito della nostra Costituzione, che in diversi articoli -il 3, il 44, il 119- attribuisce alla Repubblica il compito di impegnarsi a sostenere i territori svantaggiati (aree interne, montagne, isole) attraverso interventi specifici volti a rimuovere le difficoltà legate alla loro condizione geografica.
E lo stesso Trattato Costituzionale istitutivo dell'Unione Europea, all'articolo 174 sottolinea la necessità di aiutare i territori con svantaggi geografici o demografici permanenti, come le zone montane.
Ma più di tutte svolgono le parole di Giovanni Paolo II: lo Stato "non può limitarsi a «provvedere ad una parte dei cittadini», cioè a quella ricca e prospera, e non può «trascurare l'altra», che rappresenta indubbiamente la grande maggioranza del corpo sociale; altrimenti si offende la giustizia, che vuole si renda a ciascuno il suo."
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