Sono 1.426 in Italia i Comuni italiani che gestiscono direttamente il ciclo idrico integrato, acquedotto, fognatura e depurazione. Realtà municipali che non hanno aderito al gestore e operano in autonomia ed economia. 110 di questi Comuni possono farlo alla luce di una norma del Codice dell'Ambiente, articolo 147. Perché hanno meno di mille abitanti e sono compresi in territorio montano, oppure perché, sempre secondo la norma vigene, hanno un approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate, sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette, e un utilizzo efficiente della risorsa. Tutti gli altri, gestiscono il ciclo idrico in economia senza particolari forme di tutela. Ma vanno garantiti, secondo Uncem "l'articolo 19 della bozza del Decreto con le 'Disposizioni urgenti in materia di transizione ecologica', vorrebbe far saltare questa possibilità di gestione diretta del ciclo idrico da parte dei Comuni - spiega Marco Bussone, Presidente Uncem - Molti sono piccoli, ma molto efficaci. La disposizione che cambia il quadro normativo nasce dal Ministero dell'Ambiente, che già più volte in passato ha provato ad agire contro quei Comuni, oggi in nome di una richiesta europea. Riteniamo invece che quelle gestioni nei piccoli Comuni montani debbano essere salvaguardate. La qualità delle fonti e l'efficienza nella gestione del ciclo idrico completo sono da permettere ai Comuni che finora hanno sempre dato positivi risultati. Hanno fatto nel tempo importanti investimenti, usando risorse dei Comuni per migliorare le fonti e le reti. Chiediamo come Uncem al Ministro dell'Ambiente e della Transizione ecologica, ma anche ai Parlamentari, di intervenire per proteggere le gestioni comunali dirette".
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