Un’abile dimostrazione di “destrezza giuridica” per ridurre il peso di quella che è stata oggettivamente una brutta figura della maggioranza di centrodestra.
Non può che essere definita che così la relazione – firmata dal segretario generale facente funzioni Davide Zanino e dal neonominato consigliere giuridico del sindaco Giacomo Rossi - con cui il Comune ha risposto alle sollecitazioni ricevute dalla Prefettura.
Il caso è quello del “piano di valorizzazione” della Fondazione Castello, che nell’ultima seduta di consiglio comunale prima della pausa estiva è stato approvato con un atto di forza del sindaco che aveva spinto la maggioranza – parsa a lungo dubbiosa e tentennante di fronte alle osservazioni avanzate dai gruppi di opposizione – a rientrare nei ranghi e a votare.
Due fondamentalmente erano state le osservazioni su cui puntavano i consiglieri di opposizione. La prima: il Piano di valorizzazione doveva essere presentato entro il mese di ottobre 2022. Invece il consiglio di indirizzo lo ha approvato solo a fine dicembre. Il piano è poi svanito nel nulla per 7 mesi riemergendo solo a luglio. La seconda: le 25 pagine descritte sommariamente dall’assessore Piantanida non sono affatto un Piano di valorizzazione: “non c'è una sola cifra, - aveva scandito Nicola Fonzo capogruppo del Pd - non c'è una reale programmazione triennale se non un elenchino di titoli di iniziative, non c'è neppure un piano del personale”.
Al momento del voto, i consiglieri di opposizione avevano lasciato l’aula e si erano recati a colloquio con il prefetto, che, in meno di 24 ore, aveva chiesto chiarimenti al Comune, sollecitando una “sanatoria” sulla situazione che si era venuta a creare.
La relazione è la risposta inviata al prefetto, esprimendo una valutazione su quanto accaduto e indicando una via d’uscita.
In sostanza Zanino e Rossi dicono che il Piano di valorizzazione era inevitabilmente carente perché il bene da valorizzare – cioè il complesso di immobili che costituiscono il sito del Castello Visconteo Sforzesco - sono stati conferiti dal Comune alla Fondazione solo il 2 agosto, quindi dopo la presentazione e l'approvazione del Piano. Per essere più chiari: la Fondazione non poteva presentare un Piano di valorizzazione perchè in effetti non erano stati ancora concessi i beni da valorizzare. La relazione, peraltro, non può che riconoscere che “il Piano è fortemente carente in alcune sue parti”, e mostra “una visione limitata nel tempo”. Un riconoscimento che, per la verità, l’allora segretario generale Rossi aveva già manifestato. “Se il piano è carente, e lo è – aveva detto - occorre sanare”.
Ed ecco il percorso che Zanino e Rossi si impegnano ad avviare a nome dell’amministrazione: “Sarà pertanto cura dell'Amministrazione Comunale chiedere alla Fondazione e al Consiglio di Indirizzo di procedere celermente , dopo l'ormai intervenuto conferimento del bene, alla redazione del primo piano di valorizzazione completo ai sensi del nuovo Statuto, al fine di sottoporlo al Consiglio comunale il prima possibile e comunque entro il termine statutario, andando così a ricomprendere e a sanare anche l'annualità 2023, con ciò sanando ogni eventuale carenza in essa contenuta”.
Un capolavoro: la sanatoria non avverrà con una riscrittura del documento approvato in consiglio e inadeguato, ma con la stesura di quello che viene considerato il primo “vero” piano di valorizzazione, quello che arriverà in consiglio comunale nel prossimo ottobre.
Una soluzione che le opposizioni (Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Insieme per Novara) commentano con ironia: “Piuttosto che una bocciatura – scrivono in una nota diffusa oggi - i ragazzi (la maggioranza di centro-destra) si sono rimandati da soli a settembre!”
Il piccolo saggio di tecnica giuridica – con evidenti venature alla Azzeccagarbugli – tra l’altro spegne sul nascere un problema che il sindaco si è trovato sulla scrivania al ritorno dalle sue brevi vacanze in Albania. Perché dalle parti di Fratelli d’Italia, in modo ovviamente del tutto ufficioso, era emerso nei giorni scorsi un forte fastidio per come le cose erano andate. “Il segretario prima e il sindaco poi – era questo in sostanza il ragionamento dei “Fratelli” – ci avevano assicurato che tutto era a posto, e che si poteva votare senza timori la delibera sul piano di valorizzazione. Cosa che noi abbiamo fatto, salvo poi dopo poche ore trovarci davanti all’intervento del Prefetto, che in sostanza dice che è tutto da rifare”. Nel gruppo consiliare meloniano c’era addirittura più d’un consigliere che si diceva indisponibile a tornare in aula per porre rimedio agli errori di altri. “Una figuraccia – dicono – che non vogliamo fare”.
L’invenzione del “consigliere giuridico”, ancora una volta, ha cavato le castagne dal fuoco al sindaco.