Si facevano pagare diverse migliaia di euro per “agevolare” una pratica che, se svolta secondo i percorsi amministrativi adeguati, è assolutamente gratuita. Protagonisti dell’attività illecita un “regista”, il cervello della banda, molto esperto; un mediatore egiziano punto di riferimento di un nutrito gruppo di immigrati; e l’impiegata di un Caf milanese che, all’insaputa dell’azienda per cui lavorava, inoltrava le pratiche attraverso i canali telematici. I tre avevano messo in atto un complesso e collaudato sistema per consentire, dietro pagamento di compensi che oscillavano dai 3000 ai 6000 euro, a cittadini immigrati di accedere indebitamente alla cosiddetta “emersione da lavoro irregolare”, attraverso la produzione di documenti falsi.
L’organizzazione è stata intercettata dalla Squadra mobile della Questura di Novara, grazie ad una serie di segnalazioni arrivate dallo Sportello Unico per l’immigrazione della Prefettura di Novara.
È a quello sportello che il Ministero dell’Interno smista le pratiche di emersione ricevute attraverso i canali telematici. Ed è quello sportello che attiva i controlli dell’Ispettorato del Lavoro e dell’Ufficio Immigrazione della Questura. In pratica gli immigrati che volevano ottenere la regolarizzazione, pagavano per la produzione di una serie di documenti falsi, in cui si attestava l’assunzione come collaboratori domestici. Le domande erano state inoltrate, oltre che alla prefettura di Novara, a quelle di Milano, Pavia, Varese, Torino e Monza.
Le indagini che hanno portato all’arresto del “regista” residente a Milano (che è stato posto ai domiciliari) e alla denuncia all’autorità giudiziaria di altre undici persone, compresi i due collaboratori del capobanda, e compresi anche alcuni degli stranieri che si erano avvalsi dell’illecito servizio. I reati ipotizzati sono quelli di falsità materiale e quello previsto dall’art. 12 comma 5 del T.U.I. che punisce chi affitta un alloggio a stranieri privi del permesso di soggiorno.
Gli operatori della Squadra Mobile di Novara che hanno condotto una indagine durata diversi mesi e coordinata dalla Procura della Repubblica di Milano, hanno potuto avvalersi anche della collaborazione di una parte degli stranieri coinvolti nella vicenda, che hanno fornito numerosi elementi utili a confermare la fondatezza delle accuse.