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Attualità | 30 gennaio 2022, 07:40

"La peste suina ci preoccupa. Dalla Regione poca lungimiranza nel gestire i cinghiali"

L'allevatore e vicepresidente MIAC, Enzo Tassone, commenta la situazione: "Prezzi calati di quasi il 10% in tre settimane, si rischia la non commercializzazione in alcuni comuni"

"La peste suina ci preoccupa. Dalla Regione poca lungimiranza nel gestire i cinghiali"

La preoccupazione è tanta, specie nelle ultime due o tre settimane. Il mercato crolla in modo veloce, ma poi ci impiega davvero molto a risalire".

Non nasconde i timori per una situazione che - già in pochi giorni - ha regalato risvolti tragici Enzo Tassone, allevatore suinicolo e vicepresidente del MIAC. Al centro la situazione relativa all'andamento della peste suina sul territorio regionale.

La peste suina - malattia di origine africana non trasmissibile all'uomo che colpisce suini allevati e cinghiali selvatici, denotata dall'alto contagio, dall'elevata mortalità e dal fatto che ancora non sussista un vaccino - ha fatto riscontrare in Piemonte 14 casi di positività, di cui nessuno in provincia Granda. La cosiddetta 'zona buffer', ovvero l'area entro 10 chilometri da quella maggiormente infetta, conta però anche tra i 144 comuni piemontesi e liguri, Perletto e Pezzolo Valle Uzzone.

Negli scorsi giorni è stato nominato un commissario speciale per la gestione dell'emergenza.

"Stiamo fronteggiando un calo dei prezzi di circa il 10% e il rischio che si paventa è arrivare alla non commercializzazione del prodotto in alcuni comuni, che sarebbe un vero disastro - dice Tassone - . Si tratta di un momento particolarmente difficile perché questa crisi si somma ai rincari fino al 50% delle materie prime e dell'energia, e soprattutto arriva dopo due anni di difficoltà collegate alla pandemia da Covid-19, con drastici cali nei consumi per le chiusure che hanno dovuto affrontare gli esercenti. Poteva poteva e sembrava essere il momento della ripartenza, ma così non sembrava".

Secondo Tassone incomprensibile e ingiustificato è l'allarmismo che si è venuto a creare in merito alla malattia stante la sua non pericolosità del morbo per l'uomo. "Gli allevatori faticano a far quadrare i conti - prosegue - , e dal punto di vista dei macelli siamo davanti a vere e proprie speculazioni molto gravi, con attività che lasciano indietro i carichi piemontesi ormai da una decina di giorni".

Per Tassone - come anche per alcune associazioni di categoria, espressesi in questi giorni sull'argomento - il problema vede nell'organismo regionale una buona dose di responsabilità: "Si è dimostrata ben poca lungimiranza nella gestione del problema dei cinghiali - ha concluso - . Li si è lasciati proliferare troppo, facendoli diventare un serio pericolo per coltivazioni e strade, e dando spazio al morbo per svilupparsi".

Simone Giraudi

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