“Non è più possibile l’occupazione di suolo agricolo senza un’analisi approfondita di tutti gli impatti che vengono generati”. E’ l’opinione di Fabrizio Buttè, presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi della provincia di Novara e del Vco, che interviene nel dibattito sul progetto di realizzazione di un centro logistico di un milione di metri quadrati immediatamente a ridosso dell’abitato della frazione di Pernate che sta sollevando parecchie perplessità nell’opinione pubblica e per contrastare il quale si stanno mobilitando sia i comitati civici sia i partiti di centrosinistra all’opposizione al Comune di Novara.
“La provincia di Novara – dice Buttè – ha registrato nel biennio 2021-22 un consumo di suolo superiore alla media italiana: i dati ISPRA riportano che nel comune di Novara sono stati persi quasi 35 ettari, a Trecate più di 28 e nel comune di San Pietro Mosezzo 25: suolo agricolo spesso produttivo e ad alto potenziale agronomico”.
Gli stessi dati evidenziano che nel comune di Novara la maggiore quota di trasformazione è dovuta a insediamenti logistici che nel solo 2022 hanno rappresentato lo 0,95% del consumo di suolo totale, quando la media nazionale si attesta su valori dello 0,30%.
“Si tratta – prosegue il presidente degli agronomi - certamente di scelte urbanistiche e di sviluppo economico che stridono con le attenzioni e le azioni rivolte all’agricoltura di qualità che caratterizza questo territorio. Va ricordato che le impermeabilizzazioni imposte da un intervento edilizio di grandi dimensioni hanno una ricaduta che va oltre l’area utilizzata. I movimenti delle acque di falda superficiale ne sono fortemente influenzati, interferendo negativamente sui fenomeni di crisi idrica che il 2022 ha evidenziato e che l’anno in corso sta annunciando”.
Secondo Buttè “la scomparsa di suolo è un’azione irreversibile che deve essere valutata con grandissima attenzione, al di là di tutte le considerazioni economiche che sostengono le proposte di intervento. Ci sono regioni che hanno coperto vaste aree agricole di capannoni oggi vuoti: la natura si sta riprendendo quegli spazi ma non si torna più indietro - sottolinea il presidente dell’Ordine -: pochi centimetri di suolo coltivabile richiedono un processo di genesi di migliaia di anni che un escavatore distrugge in una manciata di minuti”.