Con la riapertura di bar e ristoranti, sono ripartiti gli ordinativi per il settore vitivinicolo, ma la sensazione degli imprenditori agricoli è che i consumi siano parecchio sottotono. Manca infatti all’appello tutto il settore turistico, sia interno che estero. E parecchi ristoranti non hanno riaperto. Quelli che hanno riaperto devono fare i conti con le misure del distanziamento sociale che riducono i posti. Perciò c’è il timore che molto vino resterà in cantina. Le vendite nella grande distribuzione, che stanno andando bene, hanno ridotto il danno, ma solo in parte. Il vino venduto sugli scaffali è soprattutto di fascia medio bassa e quindi tutta la produzione di livello maggiore, destinata a occasioni conviviali, non ha avuto sbocchi. Molte aziende hanno implementato le piattaforme per la vendita online, ma sono processi che per funzionare richiedono mesi
“Le ripercussioni sul settore vitivinicolo dell’emergenza coronavirus in termini di impatto economico non sono ancora definibili – afferma il Presidente regionale della Cia Gabriele Carenini -. La speranza dei nostri produttori è che qualcosa possa cambiare in meglio nella seconda metà dell’anno, ma viste le restrizioni che sono state imposte a ristoranti e bar e la crisi delle attività turistico-ricettive, la ripartenza sarà lenta. Iniezioni di liquidità, stoccaggio, distillazione, vendemmia verde, riduzione delle rese produttive sono le misure tampone richieste dalla filiera del vino stretta tra giacenze e nuova vendemmia all’orizzonte da un lato, e una domanda fiacca dall’altro. Il coronavirus ha inoltre fermato l’export di vino, fondamentale per la sopravvivenza del settore in Piemonte. Più del 60% del vino piemontese prende infatti la via dell’estero. Bisogna che il Governo dia urgentemente una risposta alle richieste della filiera del vino e che si pensi fin da subito a mettere in piedi una grande azione promozionale istituzionale dedicata ai mercati esteri. I produttori non intendono abdicare al loro ruolo e vogliono continuare a coltivare le vigne, ma devono essere messi nelle condizioni di poterlo fare”.