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Sanità | 02 novembre 2024, 08:10

"Prima di assumere 10mila indiani, la politica pensi a riportare a casa gli infermieri emigrati"

Il sindacato Nursing up: "Sono sempre di più i professionisti che lasciano l'Italia in certa di migliori condizioni di lavori. Si investa per farli tornare"

"Prima di assumere 10mila indiani, la politica pensi a riportare a casa gli infermieri emigrati"

“Sono davvero in tanti, e ci stanno scrivendo ogni giorno, a dir poco increduli, per quanto sta accadendo. Comunicano con noi dal Regno Unito, dalla Germania, dal Belgio e anche dalla Norvegia. Sono gli infermieri italiani che lavorano all’estero. Hanno saputo del recente arrivo dei 10mila sanitari indiani, fortemente voluti dal ministro Schillaci. Sono inoltre a conoscenza del piano Bertolaso per il reclutamento di infermieri sudamericani. Si chiedono insistentemente perché il ministro Schillaci non abbia pensato prima di tutto a loro, perché la politica non abbia creato fin qui le condizioni per riportarli a casa. Sarebbero pronti a tornare, se solo le cose cambiassero davvero”. Con queste parole, Antonio De Palma, presidente nazionale del sindacato Nursing Up, presenta la nuova campagna social #Prontiatornare, un'iniziativa nata per “accendere i riflettori” su una realtà davvero preoccupante: il continuo esodo di infermieri italiani verso l’estero in cerca legittimamente di migliori condizioni di lavoro e di vita. Negli ultimi 22 anni, oltre 48.000 infermieri hanno lasciato l'Italia, con un picco di 15.000 solo negli ultimi tre anni, di cui 6.000 solo nel 2023. Oltre il 40% sarebbe disposto a tornare a casa se esistessero le condizioni economiche e se fosse garantito il riconoscimento e la stabilità contrattuale che oggi mancano. L’alternativa: valorizzare i nostri professionisti, invece di importare personale dall’estero

Il Nursing Up denuncia apertamente l’infelice scelta del governo di rispondere alla crisi del personale nel nostro Ssn con l’assunzione di 10.000 infermieri indiani e con contingenti dal Sud America: una soluzione che, secondo De Palma, è temporanea e inefficace. “Sia chiaro, una volta per tutte, non abbiamo nulla contro gli stranieri, ma è una questione di lungimiranza politica e buon senso: servono professionisti già formati, consapevoli dei bisogni  del nostro sistema di assistenza. Il nostro Paese viaggia verso un lento e inesorabile invecchiamento, e la risposta al fabbisogno, da parte della popolazione, con il crescente aumento di malattie croniche, (Piano Cronicità 2024) di professionisti dell’assistenza sempre più qualificati in termini di “long care”, si rivela e si rivelerà sempre più indispensabile nei prossimi anni”.

“La nostra campagna – prosegue - propone alla politica di puntare finalmente sulle “risorse italiane”, e in particolare anche su quegli infermieri che sono stati costretti ad andare all’estero, e che sarebbero disposti a tornare, se solo fossero migliorate le condizioni di lavoro, economiche, contrattuali e organizzative, nonché in termini di tutela della sicurezza personale, vista l’escalation di violenze nelle corsie”.

La campagna #Prontiatornare non si limita, quindi, a denunciare l'inefficacia delle attuali misure, ma offre soluzioni concrete per valorizzare il personale italiano e renderlo competitivo:

-              Adeguamento salariale e stabilità contrattuale, allineando le retribuzioni italiane agli standard europei: stipendi competitivi, migliori condizioni di lavoro e riduzione del carico di stress potrebbero trattenere in Italia migliaia di professionisti.

-              Facilitazione del rientro dei professionisti emigrati: bandi mirati per riconoscere le competenze acquisite all’estero e offrire contratti a lungo termine a chi desidera tornare, rispettando gli standard professionali e le competenze già acquisiti.

-              Investimento sui giovani, per attrarli verso la professione infermieristica con prospettive tangibili di stabilità, valorizzazione e crescita professionale.

“L’Italia è tra i paesi più longevi d’Europa, ma tutto questo in termini di cure assistenziali ha il suo rovescio della medaglia, con la necessità di far fronte sempre di più a patologie croniche legate all’avanzare dell’età; l’assistenza richiede professionisti che conoscano il nostro contesto culturale e le necessità dei pazienti”, spiega De Palma. “È fondamentale ripensare l’organizzazione sanitaria, investendo su chi già conosce il sistema, soprattutto al fine di evitare che la nostra professione collassi del tutto, dal momento che, oltre alle fughe all’estero e alle dimissioni volontarie, sempre meno giovani rivelano interesse nei confronti della realtà infermieristica, con il dimezzamento delle iscrizioni ai test di ammissione, passati, negli ultimi 15 anni, drammaticamente, da 46.281 a 21.250. C’è da chiedersi, allora, cosa accadrà tra altri 15 anni e poi tra altri 15 ancora, se non ricreeremo appeal intorno alla professione, con tutte le immaginabili nefaste conseguenze che ricadranno sui nostri pazienti. Investire prima di tutto sulle nostre risorse umane, creando un doveroso ricambio generazionale interno, e riportando a casa le nostre eccellenze, è un modus operandi doveroso, a cui la nostra politica evidentemente non ha pensato. Ma siamo ancora in tempo”.

Comunicato Stampa - l.b.

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