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Turismo | 03 agosto 2023, 14:43

Una facile vetta sopra l’Alpe Veglia Pizzo Valgrande di Vallè (San Domenico)

Una facile vetta sopra l’Alpe Veglia Pizzo Valgrande di Vallè (San Domenico)

È uso comune dire che “la montagna è bella tutta”. E forse è vero. Ma forse è anche vero che l’Alpe Veglia è uno scorcio tra i più belli che la montagna possa offrire. L’ampia prateria, la corona di vette che la circondano, i torrenti che la solcano, i ghiacciai che sulle vette più alte ancora biancheggiano, fanno dell’Alpe Veglia un luogo incantato che una volta scoperto richiede di essere ancora visitato. L’Alpe Veglia sembra possedere quel fascino che chi ha viaggiato nel continente nero chiama “mal d’Africa” esprimendo così quella voglia mai sopita di volerci ritornare. 

L’itinerario

Dall’A26 proseguire per il Passo del Sempione ed uscire a Varzo. Da qui si sale a San Domenico e si porta l’auto nel parcheggio di Ponte Campo. Ci si incammina lungo la comoda seppur ripida carrareccia che conduce all’Alpe (dopo il ponte nei pressi del parcheggio si può imboccare a destra un sentiero che consente di accorciare il lungo tragitto della strada). In circa h.1,15 si raggiunge l’Alpe Veglia e, senza addentrarsi nella piana si prende subito a sinistra verso le baite di Cianciavero da cui si diparte il sentiero che passando nei pressi delle marmitte dei giganti sale ripidamente verso il Lago D’Avino. Si raggiunge l’invaso artificiale in una buona ora. Nei pressi del lago un consunto cartello di legno segnala che siamo esattamente 1.500 mt sopra il tunnel ferroviario del Sempione. Ci si dirige ora lungo la spettrale piana costeggiando il lago dove al suo termine incontriamo i cartelli per il Passo del Croso. Camminando in questa direzione si può ammirare l’imponente parete Sud-Est del Monte Leone che incombe sullo specchio turchese del lago. 

Il Monte Leone, il re delle Alpi Lepontine (ph. Mauro Carlesso)

Seguendo una traccia con ometti e paletti si risale la magra piana detritica fino all’ultimo laghetto di fusione che si incontra e dal quale voltando a sinistra si comincia a risalire “a vista” verso la montagna di fronte a noi. Raggiunta la vetta impressiona il versante precipite a Sud (sconsigliato affacciarsi). La discesa ripercorre l’itinerario di salita fino al lago D’Avino dove si può optare per scendere dal sentiero di salita oppure oltrepassare il muraglione della diga e seguendo le indicazioni per Alpe Veglia risalire un breve tratto esposto aiutandosi con cavi metallici. Il sentiero prosegue poi senza difficoltà attraversando pietraie e compiendo un panoramico traverso quasi pianeggiante. Dopo una mezzora piega sulla destra e inizia a scendere in maniera più decisa fino ad entrare nel lariceto dove la pendenza si addolcisce e raggiunge il Lago delle Streghe. Da questo luogo affascinante si scende in breve lungo le numerose tracce a Veglia da dove si riprende la strada consortile che conduce al parcheggio di Ponte Campo.

La nota storica

Dalla vetta la conca di Veglia appare come una piccola gemma verde racchiusa dai monti su tre lati. Non è difficile quindi immaginare come avesse fatto gola agli inizi del secolo scorso ai pionieri dello sviluppo idroelettrico che ne avevano progettato un imponente invaso. Erano gli anni d’oro nei quali industrie come la Dinamo (poi ENEL) e ingegneri creativi come Portaluppi disegnavano dighe lungo tutto l’arco alpino. Passeggiando lungo la piana di Veglia si notano dei tubi che emergono dal terreno per un’altezza di circa un metro: si tratta dei carotaggi che negli anni ‘50 l’insigne Ardito Desio (il “ducetto del K2”) compì per saggiare la qualità della roccia che avrebbe dovuto sostenere i 30 milioni di metri cubi d’acqua. Intorno al progettato invaso si discusse per decenni, e tutto sembrava pronto con espropri già effettuati e annullamento della vocazione rurale e turistica dell’alpe. 

La vocazione alpestre dell’Alpe Veglia salvata dall’invaso (ph. Mauro Carlesso)

Ma il terreno di Veglia possedeva un grado di permeabilità rocciosa che non dava garanzie sufficienti sia per la tenuta dell’invaso che per la sicurezza del tunnel ferroviario del Sempione che corre mille metri proprio sotto la verticale della piana. Così negli anni sessanta il progetto fu definitivamente abbandonato lasciando a ricordo quei tubi in ferro che raccontano una storia di uomini e di natura straordinaria.

Per un pranzo al sacco Veg

Un suggerimento per un gustoso pranzo al sacco vegano a impatto zero: farfrittata di ceci e insalata di pomodori con origano 

La scheda

Località di partenza: San Domenico –località Ponte Campo- (1.319 mt.) –NO-

Località di arrivo: San Domenico –località Ponte Campo- (1.319 mt.) –NO-

Cime sul percorso: Pizzo Valgrande di Vallè (2.529 mt.)

Dislivello: mt.  1.210 circa

Tempo di percorrenza: ore 6 (soste escluse)
Difficoltà: E
Periodo: Estate/Autunno

Mauro Carlesso Scrittore e camminatore vegano

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