Nella piazza del Duomo, affollata ma composta e silenziosa, risuonano inquietanti le sirene che riproducono gli allarmi antimissile divenuti da un anno compagnia quotidiana per la gente ucraina. E poi le parole di Yurii Samuliak ad aprire la manifestazione voluta dagli ucraini che vivono a Novara per ricordare 365 giorni di lacrime e dolore. Yurii è un giovane di Dnipro: lá dirigeva un centro culturale. E come tanti è arrivato a Novara dopo lo scoppio della guerra per raggiungere la madre che vive e lavora qui.
Quella novarese è una delle più numerose comunità ucraine in Italia: prima dell'invasione russa di un anno fa vivevano nel novarese quasi 4000 ucraini, 1500 dei quali nel capoluogo. Ecco perché gli arrivi di profughi dal teatro di guerra, soprattutto nelle prime settimane dopo l'inizio del conflitto è stato massiccio: in pochi giorni a Novara sono arrivati un migliaio di profughi.
"Oggi - ricorda don Juriy Ivanyuta, 44 anni cappellano della comunità - ne sono rimasti circa 400, di cui almeno la metà bambini. Tanti hanno preferito ritornare a casa e lo hanno fatto appena hanno potuto".
La piazza si commuove alle note dell'inno nazionale ucraino cantato da tutti con la mano sul cuore. Poi spazio alle poesie e ai racconti recitati da alcuni dei bimbi della comunità, alle canzoni della tradizione popolare. Gli interventi delle autorità (il vicesindaco Marina Chiarelli e il presidente della Provincia Federico Binatti) hanno ricordato soprattutto il legame che si è creato in questi mesi tra la città e la comunità ucraina.
La presidente della comunità di S.Egidio, Daniela Sironi ha lanciato in conclusione un appello: "la pace è un dovere, chiediamo che chi può si metta sulla strada della ricerca della pace".
E questa sera la cupola antonelliana di San Gaudenzio, monumento simbolo della città, sarà illuminata con i colori della bandiera ucraina