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Economia | 15 gennaio 2021, 15:00

“Con nuovo stop al commercio si rischia un'ulteriore perdita di un miliardo in tre mesi"

L'allarme di Confesercenti: “I prossimi mesi rischiano di vedere aumentare drammaticamente il numero di cessazioni delle attività, in particolare quelle di prossimità”

“Con nuovo stop al commercio si rischia un'ulteriore perdita di un miliardo in tre mesi"

Sono ore tumultuose per i commercianti. Mentre da un lato monta la rabbia (e si rinforzano le fila di chi ha intenzione di protestare, anche in maniera clamorosa), dall'altra le associazioni di categoria fanno i conti sui danni che nuove restrizioni per il contrasto del Covid porterebbero ai negozi.

"Il calo potrebbe essere di oltre un miliardo in tutto il Piemonte, rispetto al primo trimestre del 2020", dicono da Confesercenti in vista dei nuovi provvedimenti del governo. "Si tratta di un ulteriore durissimo colpo a un sistema già profondamente provato: nel 2020 a causa della pandemia, infatti, la spesa dei piemontesi si era già ridotta di 8,4 miliardi".

A pagarne lo scotto, secondo gli studi effettuati dagli esperti di settore - sono soprattutto le imprese del commercio come negozi, mercati, bar, ristoranti e attività di somministrazione in genere e turismo: "Sono state le più colpite, con una diminuzione media del valore aggiunto del 16,5%, a fronte del -9,5% registrato dagli altri settori dell’economia regionale. Un problema per la crescita, visto che si riduce fortemente la quota di Pil generata in Piemonte da questi comparti: si passa dal 6,4 al 4,3% del Pil per Alberghi e pubblici esercizi; dal 4,1 al 3,3% per Ricreazione e cultura; dal 3,8 al 2,9% per Abbigliamento”. 

Restrizioni e paletti che - nella loro imprevedibilità - vanno ad aggiungersi ai timori delle famiglie e alle difficoltà di reddito, che contribuiscono a contrarre i consumi. “Il forte rallentamento - dice Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti Piemonte - ha gettato le imprese del terziario in una crisi senza precedenti. I prossimi mesi rischiano di vedere aumentare drammaticamente il numero di cessazioni delle attività, in particolare quelle di prossimità e legate alla filiera turistica. Il Recovery Plan si occupa di molte cose ma non prevede interventi diretti per commercio, alloggio e ristorazione, per i quali il piano genererebbe ricadute positive solo sul medio lungo periodo. Purtroppo, però, c’è un problema immediato di tenuta del sistema imprenditoriale, ormai sfiancato da quasi un anno di emergenza Covid". "Per questo - prosegue - si deve cambiare passo sulle politiche di sostegno. Bisogna superare il criterio di scelta in base al codice Ateco, che è stato un fallimento e ha lasciato fuori troppe imprese; basta anche con i ristori ‘a puntate’. Serve invece un intervento di ampio respiro, con più risorse e un cronoprogramma chiaro, per dare alle attività la certezza di risorse sufficienti a portarle oltre la fine dell’emergenza sanitaria: un intervento che deve affrontare anche il nodo dei costi fissi, dagli affitti alle utenze, e quello del rilancio del tessuto imprenditoriale, prevedendo anche misure per la ricollocazione e la riconversione intelligente delle attività”.

Redazione

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