Attualità - 25 maggio 2025, 10:20

«Il Lago Maggiore gode di buona salute, normale che il pesce sia diminuito. Occhio al cambiamento climatico»

Chiacchierata a tutto campo, o meglio a tutto lago, su presente e futuro del Verbano, con il dottor Pietro Volta, ricercatore ed esperto del Cnr Irsa di Pallanza: «Avere acque pulite mal si concilia con l'avere tanti pesci: se si pensa che bastino i semplici "ripopolamenti" si commette un grave errore. Servono modelli più moderni, basati su dati e approcci scientifici e che concilino il prelievo di pesca con la tutela della biodiversità»

Pietro Volta

Pietro Volta

Incontriamo il dottor Pietro Volta, ricercatore del Cnr Irsa di Pallanza, grande conoscitore e studioso del Lago Maggiore in tutti i suoi aspetti per una chiacchierata sul presente e sul futuro del Verbano e di chi lo abita, tra cambiamento climatico e pesca. 

Dottor Volta qual è lo stato di salute attuale del lago Maggiore?

Il Lago Maggiore, tra i grandi laghi prealpini del Nord Italia, è quello che gode maggiormente di buona salute. Prima degli altri grandi laghi ha potuto godere del miglioramento della qualità delle acque grazie all’adozione di un sistema di collettamento e depurazione degli scarichi fognari. Ha la fortuna di essere alimentato da importanti e numerosi corsi d’acqua che apportano, ancora oggi, acque fredde e ossigenate. Non in ultimo, il Lago Maggiore è oggetto di ricerche e monitoraggio ambientale continuative a partire dagli anni ’70 del 1900, grazie al supporto della Commissione internazionale per la Protezione delle acque italo svizzere (CIPAIS) e, ovviamente, grazie al lavoro delle ARPA. Infine, la condivisione del bacino lacustre con la vicina Svizzera, è un elemento positivo in quanto, notoriamente, gli amici svizzeri sono molto attenti, precisi e pronti a segnalare elementi di criticità. Il Lago Maggiore dunque, sebbene le forme di inquinamento siano potenzialmente ancora oggi molteplici, così come avviene per gli altri grandi laghi localizzati nel grande bacino padano, ha la fortuna di essere attentamente monitorato.

Cosa possiamo dire invece dei pesci che lo abitano?

Paradossalmente, il miglioramento della qualità delle acque, ed in particolare la riduzione delle concentrazioni di nutrienti (fosfati) che arrivavano al lago, ha portato il Lago Maggiore da uno stato di Eu-trofia ad uno di Oligo-trofia. Per farla breve, ad una minore disponibilità di sostanze nutrienti ha corrisposto una minore disponibilità di cibo (plancton vegetale e animale) per i pesci. E’ indubbio, quindi, che il “mantra” dei miei amici pescatori, secondo cui “non c’è più pesce”, corrisponda certamente a verità. Il pesce è diminuito. Tuttavia, un lago più pulito, con acque più trasparenti se pur meno ricche di cibo, è sinonimo di più certa balneabilità e maggior attrattività turistica, aspetti certamente non secondari rispetto allo sviluppo socio economico del territorio circostante. Immaginiamoci quale immagine darebbe di sé un lago in cui è vietata la balneazione, in cui per sei o otto mesi all’anno le acque sono verdi e piene di alghe, con acqua anche un po' maleodorante.

Quale impatto sta avendo il cambiamento climatico sul Verbano?

E' un tema importantissimo quello del cambiamento climatico: un fenomeno evidenziato da almeno quarant’anni dal mondo scientifico, ma ancora – purtroppo - negato da molti. In un contesto di riscaldamento dell’aria e di conseguenza dell’acqua dei laghi sempre più marcato nonché di aumento dei fenomeni estremi (dalle grandi ondate di calore ai nubifragi) le dinamiche chimiche, fisiche ed ecologiche nei nostri laghi si stanno profondamente modificando con effetti che si manifestano in molti aspetti. Dalla minore ossigenazione delle acque profonde a causa del mancato rimescolamento degli strati più profondi della colonna d’acqua nel periodo invernale, all’affermazione delle microalghe planctoniche nel periodo estivo e autunnale (cianobatteri) che possono produrre tossine potenzialmente tossiche anche per l’uomo. Ma anche alla diminuzione delle specie di pesci che vivono o si riproducono in acque fredde e ossigenate (come i coregoni), alla riduzione delle dimensioni del plancton e, quindi, a modificazioni delle disponibilità alimentari per i pesci, o all’affermazione di specie nuove di pesci (come il gardon, il siluro e il lucioperca) favoriti da miti temperature invernali e primaverili a scapito di specie più tipiche come il pesce persico, l’agone o i coregoni.

Quali sono gli interventi che bisogna mettere in campo per migliorare la situazione?

Il Lago Maggiore gode ancora di buona salute. Certamente occorre mantenere alta l’attenzione perché, anche alla luce dei grandi cambiamenti ambientali in atto, giocoforza vi saranno trasformazioni e modificazioni dell’ambiente che occorre monitorare nel tempo. In questo senso, è fondamentale il ruolo della ricerca ambientale che fornisce i dati necessari alla conoscenza. E’ dalla conoscenza, fatta di dati e dalla loro corretta analisi e interpretazione, che si possono impostare politiche di gestione sensate e ragionevoli. Al contrario, ogni intervento basato su sensazioni o, ancor più, su “mal di pancia” di singole categorie, non porta molto lontano. Per quanto riguarda la qualità delle acque non vedo però interventi particolarmente urgenti se non quelli, forse, di una sempre migliore gestione dei sistemi di collettamento delle acque, con una separazione tra acque bianche e nere.

Quale invece il futuro delle varie specie di pesci che popolano il Verbano?

Per quanto riguarda i pesci, si deve prendere atto di una situazione che si è modificata sostanzialmente rispetto a pochi decenni fa: avere un lago pulito mal si concilia con l’avere tanti pesci. A partire da questa consapevolezza, credo sia inutile reagire sulla base di “mal di pancia”, ma necessariamente gestire quello che si ha, cercando di rendere sostenibile e duraturo il prelievo di pesca in modo tale che le popolazione ittiche riescano ad automantenersi con successo. Quindi, quando si pensa che per risolvere il problema del calo dell’abbondanza dei pesci, sia sufficiente effettuare i cosiddetti “ripopolamenti”, si commette un grosso errore. Immettere piccoli pesci, ad esempio i coregoni, quando non c’è il cibo di cui dovrebbero nutrirsi ed in presenza di tanti nuovi competitori o predatori, non può certo portare a risultati positivi. Occorre quindi puntare necessariamente ad una gestione dell’ittiofauna che abbia come obiettivo l’utilizzo sostenibile della risorsa ittica del nostro lago attraverso modelli di sfruttamento più moderni, basati su dati e approcci scientifici e che concilino il prelievo di pesca con la tutela della biodiversità.

Inquinamento e cambiamento climatico e presenza di specie aliene hanno influito sulla scarsità di pesci?

Certamente, rispetto al recente passato (anni ‘70-‘80-‘90), la quantità dei pesci presenti nel Lago Maggiore è diminuita. I dati del pescato professionale che, pur con le dovute cautele, possono essere presi con riferimento per comprendere cosa succede ai pesci del nostro lago, ci indicano una diminuzione del pescato complessivo di circa l’80% rispetto agli anni ’80. La diminuzione del pescato pro-capite è certamente di minor portata ma comunque molto significativa tanto che molti pescatori hanno interrotto la propria attività in quanto non sufficientemente remunerativa. Sono anche arrivate nuove specie di pesci che hanno contribuito a modificare equilibri che si mantenevano da decine di anni. Il gardon è un temibile e diretto competitore del pesce persico oltre che dell’alborella (oramai relegata a comparsa e la cui pesca è vietata da tempo). Il lucioperca e il siluro, due grandi predatori, amano scorrazzare anche al largo in acque aperte a caccia di agoni e coregoni, e si sono affermati con drammatica prepotenza. Fino a pochi anni fa, il Lago Maggiore non aveva così tanti predatori nelle acque pelagiche e agoni e coregoni potevano dormire sonni tranquilli. Occorre tenere conto che questi predatori, mangiano mediamente il 2% del proprio peso ogni giorno. Un siluro di 50 kg quanti chilogrammi di pesce può mangiare in un anno ? Tenendo conto che, nel solo 2020, sono state pescate circa 20 tonnellate di siluro, possiamo presto fare i conti di quanto potevano aver mangiato prima di essere catturati! E infatti, agoni e coregoni sono diminuiti in misura significativa e ci vorrà qualche anno, per rivederli abbondanti, sempre che siluro e lucioperca vengano tenuti sotto controllo adeguatamente.

Sul Lago Maggiore si pesca troppo?

Sulle dinamiche di molte specie ittiche del nostro lago, si affianca certamente l’effetto della pressione di pesca che mi pare eccessiva. Ci sono infatti dati che indicano sovrappesca su alcune specie, come i coregoni, ai quali occorre porre estrema attenzione. Per dare la possibilità agli stock ittici delle specie più pregiate di riprendersi, sarebbe necessaria una moderata riduzione dello sforzo di pesca. Assumendo che la risorsa ittica sia il capitale depositato in banca, ad oggi emerge che non solo si sono prelevati gli interessi ma si è anche iniziato ad erodere lo stesso capitale. Una riduzione della pressione di pesca è però di difficile accettazione da coloro che basano, totalmente o parzialmente, il proprio reddito sull’attività di pesca. Anzi, c’è sempre la tendenza a chiedere o, quantomeno, sperare che siano consentiti attrezzi di pesca aggiuntivi, reti più lunghe, per provare a compensare il calo progressivo del pescato. Ma così si rischia, ancor di più e più velocemente di quanto avvenuto nel recente passato, di tagliare il ramo dell’albero su cui si è seduti. Occorre capire che non si può chiedere al lago quello che non può più dare.

Quali sono le differenze maggiori tra pesca professionale e pesca dilettantistica? 

Pur non occupandomi di aspetti commerciali legati alla pesca, posso dire di conoscere molti dei soggetti che operano in questo contesto. Il “sistema della pesca professionale”, che include non solo le modalità di prelievo, ma anche quelle di processamento e distribuzione del pescato, è piuttosto variegato, passando dalla piccola attività familiare in cui si trasforma il pesce pescato (filetto, affumicato, carpione) aumentandone significativamente il valore di vendita, alla grande distribuzione che, però, remunera poco il pescatore. Non è più possibile che ad esempio i coregoni vengano “svenduti” alla grande distribuzione a 5-6 euro al kg (a volte anche meno!), o la trota di lago, eccellenza e prelibatezza da far invidia ai salmoni selvaggi dell’Alaska, sia consegnata ai rivenditori ad un prezzo tra i 9 e i 13 euro al kg. Non ci siamo proprio. Con questi prezzi, l’unica via per essere remunerati decentemente è “fare la quantità”. Ma questo mal si sposa con un contesto in cui la risorsa è davvero limitata perché conduce a grattare il fondo del barile anche quando il barile è oramai quasi vuoto. Abbiamo parlato fin qui di pesca professionale, ma è indubbio che, in un contesto di risorse limitate come è il Lago Maggiore, anche la pesca dilettantistica possa avere un impatto non trascurabile. Ad esempio fino a pochissimo tempo fa, il pescatore dilettante poteva trattenere fino a 50 esemplari di pesce persico al giorno. Una quantità davvero importante, soprattutto quando le uscite di pesca si ripetevano più volte in una settimana e per mesi interi. I dati del pescato dilettantistico raccolti tramite libretti segnacatture, ben organizzati dalla FIPSAS (Federazione Pesca Sportiva e Attività Subacquee), che fa un eccellente lavoro. Ebbene, il pescato dilettantistico di alcune specie è quasi pari a quello professionale. Un dato di cui prendere coscienza. 

Cosa si dovrebbe fare per arginare almeno in in parte il ridotto pesce pescato?

Le soluzioni drastiche, come quelle adottate in alcuni laghi svizzeri (ad esempio il fermo pesca prolungato per alcune specie), appaiono lontane rispetto alle nostre sensibilità, ma potrebbero diventare in futuro nemmeno tanto lontano una drammatica e necessaria misura per contrastare il calo di molte specie ittiche. Certamente vi deve essere la presa di coscienza da parte di tutti i soggetti coinvolti di almeno tre aspetti: non si può e non si deve pensare che le risorse siano infinite, più il calo di una specie è drammatico più tempo ci vuole per riprendersi, il prelievo di pesca può essere un fattore chiave, nient’affatto marginale, che determina la contrazione numerica delle specie ittiche. Quindi, il prelievo di pesca deve essere esercitato in modo sostenibile se non si vogliono avere brutte soprese. Io credo convintamente che ci si trovi davanti ad un bivio, drammatico, e mai affrontato in precedenza nella storia della pesca sul lago. Cioè quello di scegliere responsabilmente se continuare a grattare il fondo del barile sperando in un qualche miracolo e coprendosi gli occhi per non vedere la realtà, oppure agire, con misure innovative e in parte decise, pensando un po' anche a chi verrà dopo di noi. Lo sforzo va fatto da parte di tutti, anche se, capisco, possa essere difficile da accettare. Da tempo promuovo, laddove mi è possibile farlo e pur non senza difficoltà rispetto alla sordità e inerzia di molti, che sia necessaria una modifica sostanziale della regolamentazione del prelievo di pesca. Abbiamo regolamenti ottocenteschi, ben poco solidi dal punto di vista scientifico e che, francamente, hanno fatto il loro tempo. Ad es. e’ ancora piuttosto diffuso il pensiero - e i regolamenti ne sono ancora il riflesso - che il prelievo di pesci di grandi dimensioni non sia dannoso perchè i pesci quando sono vecchi sono “sterili” o comunque si sono già riprodotti almeno una o più volte. Questa convinzione è sbagliata. La senescenza è propria degli uomini, ma molto meno dei pesci. E la scienza ce lo dice da almeno 30 anni. I pesci di grandi dimensioni, infatti, sono fondamentali per il mantenimento di stock ittici sani e resilienti perché portano i geni migliori (quelli che hanno permesso di farli sopravvivere fino a quelle dimensioni), perché fanno molte più uova e queste sono più grosse e ricche di sostanze nutrienti che la prole può sfruttare.

Quali accorgimenti bisogna adottare per tutelare una specie ittica?

Se si vuole tutelare una specie ittica occorre lasciare che tutti i soggetti di quella specie si riproducano almeno una volta, che siano tutelati anche i grandi riproduttori, cioè gli esemplari di grandi dimensioni. Sono quelli infatti il capitale migliore e che dà più interessi (uova). Non c’è ripopolamento migliore che lasciare qualche grosso riproduttore in più nelle acque così da poter svolgere il suo ciclo vitale. Di conseguenza andrebbero modificate le modalità di prelievo, ad esempio inserendo una lunghezza massima oltre la quale i pesci non possono essere trattenuti, oltre che rivedere, eventualmente, la misura minima. E, sulla base di questo andrebbero riviste le reti in uso e soprattutto la larghezza della maglia, così da permettere davvero un prelievo sostenibile su ciascuna specie di interesse commerciale. 

A suo avviso quale sarà il futuro dei pescatori sul Lago Maggiore?

Posso prendere atto innanzitutto dei profondi cambiamenti avvenuti negli ultimi trent’anni e che hanno visto calare drammaticamente il numero dei pescatori, sia dilettanti che professionisti. La pesca professionale è un mestiere faticoso e chi afferma il contrario non conosce bene questa realtà. Difficile vedere giovani pescatori affacciarsi sul lago: molti i problemi e vincoli burocratici per iniziare l’attività, concessioni e tributi da pagare ancor prima di iniziare, poco pesce, tanta fatica e poco reddito, maggior controlli rispetto al passato. Manca un ricambio: i vecchi smettono, i giovani non iniziano o, se iniziano, ben presto si rendono conto delle difficoltà che, sul Lago Maggiore, sono più elevate che su altri laghi. Già oggi molti pescatori fanno un secondo lavoro e altri hanno già lasciato preferendo tornare a fare i carpentieri, o gli operai, attività con entrate più sicure e che garantiscono orari di lavoro che meglio si conciliano con gli impegni familiari. Ho come l’impressione che sia un mondo davvero in difficoltà e non credo che sia sufficiente avere tanta passione per poter esercitare con profitto questo tipo di mestiere. A mio avviso, nel prossimo futuro non ci sarà spazio per tutti gli attuali pescatori. Il numero di pescatori professionisti che riuscirà a vivere davvero della propria attività di pesca (regolarmente svolta, si intende), calerà ancora.

Per quanto riguarda invece la pesca dilettantistica?

La pesca dilettantistica invece si sta trasformando profondamente passando da una dimensione estetica ad una dimensione, direi, molto più commerciale, fatta di Youtuber, Socials e brands e sponsors, guide di pesca. Uno stile molto americano e un po' più frenetico e meno meditativo, in cui si predilige la cattura con rilascio, il divertimento nel misurarsi con le prede per poi rilasciarle - più o meno vive - nell’ambiente dove le si è pescate, il tutto supportato da una tecnologia sempre più efficiente ed efficace, oltre che costosa. Ultimanente, capita abbastanza spesso di vedere barche con pescatori super attrezzati e sponsorizzati, chini sui grandi schermi dei loro sonar multifunzione come se fossero intenti a leggere pesanti tomi di filosofia ma noncuranti di quello che succede intorno. Ecco, certamente questa è un tipo di pesca che, anche per i costi da sostenere, non è alla portata di tutti, ma che in questo momento rende felice (spero) chi la pratica e probabilmente anche chi vende le esche e le attrezzature o offre il proprio tempo come guida o accompagnatore. Mi domando però se al centro di tutto ciò il protagonista sia ancora il pesce, il lago e le sue bellezze, il senso dell’attesa dell’abboccata o, più semplicemente, il protagonismo del pescatore. Ma la pesca ha sempre avuto risvolti commerciali ed è un settore in evoluzione, probabilmente da quando è nata. C’è forse da domandarsi quanto queste nuove modalità di pesca si concilino con quello che la pesca dilettantistica è sempre stata - e cioè una attività ricreativa popolare - e quanto, invece, non conducano inesorabilmente alla bulimia del “fast&fish”, per poi condurre velocemente alla noia chi ha già provato tutto e bruciato le tappe . Chissà cosa ne penserebbe Hemingway.

Claudio Ferretti

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