Nelle prime ore del 13 maggio i Carabinieri del Comando Provinciale di Verbania, unitamente a personale dei Comandi Arma territorialmente competenti, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali emessa dal G.I.P. del Tribunale di Verbania nei confronti di sei persone. Di queste, due sono finite in carcere, due agli arresti domiciliari e due sottoposte all’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria. Sono tutte ritenute responsabili, a vario titolo, di reiterate truffe aggravate ai danni di persone anziane.
L’attività investigativa, scaturita da episodi avvenuti nei mesi di settembre 2024 in provincia del VCO – in particolare a Domodossola – ha permesso di documentare 23 truffe aggravate, tutte perpetrate con la tecnica dei “falsi carabinieri e/o avvocati”.
Il modus operandi era sempre lo stesso. Un "telefonista" contattava la vittima, presentandosi come Maresciallo dei Carabinieri, sostenendo che un parente stretto (figlio o nipote) era trattenuto in caserma a seguito di un grave incidente stradale. A quel punto, subentrava un sedicente "avvocato", che esercitava una forte pressione psicologica sulla vittima, inducendola a mettere immediatamente a disposizione denaro e preziosi – spesso tra i 3.000 e i 10.000 euro – per evitare conseguenze penali al parente.
Dopo l'accordo telefonico, un "assistente" si presentava a casa della vittima per ritirare quanto pattuito. Il gruppo era ben organizzato e diviso in ruoli: i telefonisti agivano da Napoli, mentre le "batterie operative", ovvero gli assistenti, si muovevano rapidamente su tutto il territorio nazionale per eseguire le truffe.
Le indagini, proseguite fino al marzo 2025, anche con attività tecniche, hanno permesso di ricostruire l’intera struttura del gruppo criminale. I militari sono riusciti ad arrestare in flagranza due soggetti, rispettivamente a Latina e Modena, recuperando 2.000 euro in contanti e circa mezzo chilo d’oro in monili.
Tutti i sei destinatari delle misure cautelari sono stati rintracciati in provincia di Napoli: due nel capoluogo, uno a Caivano, uno ad Aversa e due a Grumo Nevano. I due del capoluogo erano i principali “telefonisti”, mentre gli altri erano gli esecutori materiali delle truffe. Il soggetto rintracciato ad Aversa, un 44enne tossicodipendente, era considerato l’anello debole del gruppo. Si prestava alle lunghe trasferte in cambio di denaro e sostanze stupefacenti. Per evitare che trattenesse parte del bottino, i complici gli imponevano di fare videochiamate durante il ritiro dei beni, così da documentare tutto.Durante l’indagine, i carabinieri hanno anche perquisito l’abitazione dei telefonisti, dove una stanza era stata trasformata in un vero e proprio call center. In quell’occasione, uno dei due telefonisti riuscì a fuggire calandosi da una finestra, ma fu successivamente identificato grazie alla chiave della sua auto lasciata in casa.
Durante l’interrogatorio con il GIP di Verbania, l’uomo tentò di simulare una balbuzie per negare il suo coinvolgimento. Tuttavia, le intercettazioni telefoniche, in cui parlava con eloquio fluente e sicuro, hanno smascherato il tentativo.
I 23 episodi documentati hanno riguardato diverse regioni italiane, con la maggior parte dei casi al Nord: 7 in Piemonte, 4 in Lombardia, 3 in Veneto, 2 in Liguria, 1 in Valle d’Aosta, 1 in Emilia-Romagna, 2 nel Lazio, 2 in Puglia e 1 in Calabria. Le batterie operative si muovevano rapidamente da una città all’altra: da Aosta alla provincia di Foggia, poi in Liguria, e di nuovo nel Foggiano, spesso da un giorno all’altro.