Reti, fucili e abbattimenti per sconfiggere la peste suina, ma anche azioni di biosicurezza a tutela degli allevamenti. E’ questa la soluzione che verrà adottata nel breve-medio termine in Piemonte, al fine di porre un freno all’emergenza cinghiali e salvare un settore, quello della filiera suinicola, che in Piemonte vede coinvolte 1.400 aziende.
E’ quanto emerge dal Consiglio regionale aperto, convocato questa mattina a Palazzo Lascaris, per confrontarsi sulle strategie da mettere in campo per contenere la peste suina presente in Piemonte, Liguria e Lazio.
I numeri di un settore a rischio
Se a livello sanitario la peste suina non spaventa, almeno al momento, a preoccupare le istituzioni sono i danni economici provocati dalla diffusione del virus. Come ricordato da Enrico Allasia, presidente Confagricoltura, sono infatti 1.400 le aziende coinvolte, con 1,3 milioni di capi allevati (di cui 900.000 nella provincia di Cuneo). Lavoratori, famiglie, ma anche una fetta importante del Pil piemontese, messo a rischio dalla proliferazione incontrollata di cinghiali.
La strategia messa in campo
La strategia per contenere e eradicare la peste suina, si muoverà quindi su tre filoni differenti ma complementari: l’abbattimento di cinghiali, la costruzione di una rete che li contenga e azioni di biosicurezza negli allevamenti. Passare dalle parole ai fatti però non è semplice, anzi.
Il Piemonte si trova infatti piuttosto indietro rispetto al cronoprogramma stabilito: si era infatti deciso di abbattere 38.000 capi attraverso la caccia di selezione, un numero destinato a salire a 50.000 esemplari con la caccia di controllo. A oggi, i cinghiali abbattuti sono circa 2.000. Non va meglio per quanto riguarda la costruzione della rete contenitiva: la recinzione, metodo considerato molto efficace, dovrebbe snodarsi sul territorio piemontese per 170 km.
Oggi ne sono stati costruiti appena 16, con un progresso di 1,5 km a settimana: un decimo rispetto alla previsione. Un dato allarmante, soprattutto se si considera che un cinghiale è in grado di spostarsi di 50-60 km ogni notte. L’ultimo focolaio riscontrato si trova a 100 km dalla provincia di Cuneo, dove sono presenti 900.000 suini domestici.
Costa: “Ristabiliamo l’equilibrio, gli abbattimenti devono crescere”
“Abbiamo il dovere di tutelare un comparto che garantisce 100.000 occupati e dà risultati importanti dal punto di vista economico” ha affermato Andrea Costa, sottosegretario alla Salute. Il vice ministro ha promesso di estendere la caccia, al fine di ripristinare l’equilibrio perso: “Dobbiamo ristabilire un equilibrio ambientale che non c’è più. E’ tramontato approccio ideologico secondo cui si deve limitare la presenza dell’uomo: l’uomo, che garantisce presidio, tutela il territorio. E’ pronto un decreto che prevede l’estensione del periodo di caccia da 3 a 5 mesi”.
“In Piemonte - ha concluso Costa - si è partiti con gli abbattimenti, ma questi numeri devono crescere”.
Cirio: “Lo Stato controlli la fauna selvatica: è un suo patrimonio”
Chi ha fortemente invocato un intervento dello Stato è il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio: “La fauna selvatica è patrimonio dello Stato, che deve occuparsi del suo contenimento e del risarcimento dei danni provocati: noi non possiamo fare di più”.
Il Governatore ha poi ricordato come il problema sia sì agricolo, ma anche più in generale di sicurezza. E, ovviamente, economico: “Dobbiamo tutelare gli interessi. Un pezzo del Pil del Piemonte arriva dagli allevatori messi in crisi dalla peste suina: sarebbe un danno incalcolabile e ingestibile se il virus si estendesse. Darebbe il colpo di grazie ad aziende piegate dall’emergenza idrica, dalla guerra e dal rincaro delle materie prime”.
Carosso: “Prendiamo spunto dal Belgio e dalla Repubblica Ceca”
“La soluzione più efficace è l’applicazione della strategia che prevede la recinzione unita al depopolamento dei cinghiali, come avvenuto in Belgio e Repubblica Ceca, dove hanno estinto l’infezione in due anni” ha affermato Fabio Carosso, assessore al coordinamento dell’attività di gestione dell’epidemia da Peste Suina Africana.
“Le leggi sono obsolete e da rivedere: mettiamo in bio sicurezza un allevamento, poi basta il ritrovamento di una carcassa a 500 metri per compromettere l’intero allevamento. Serve un’attività dirompente da parte dello Stato” è invece il pensiero di Marco Protopapa, assessore all’Agricoltura.