Audizione, il 15 giugno, in Commissione Legalità (presidente un esponente del M4o), di Maria Josè Fava - referente Libera Piemonte - e Rocco Sciarrone - docente dell’Università di Torino - che hanno presentato i risultati del progetto Beni in Rete.
I  dati che emergono da questa iniziativa, finanziata da un bando della  Regione Piemonte e in seguito della Compagnia di Sanpaolo, dicono che su  304 complessi immobiliari, il 66% è in attesa di destinazione (54%  confiscato definitivamente, il 12% non definitivo o non rilevato), il  12% è stato destinato ma non riutilizzato e il 22% è stato destinato e  riutilizzato. Per quanto riguarda l’assegnazione dei beni, oltre l’85%  arriva ai Comuni, il 10,7% al demanio, il 2% alla città metropolitana di  Torino e l’1,2% alla Regione. Secondo le stime comparative di Libera,  il Piemonte risulta penultimo in Italia nell’utilizzo sociale dei beni  confiscati, davanti alla sola Emilia Romagna, ultima.
Sono 126 i comuni piemontesi (l’11% rispetto al totale regionale) che registrano beni sequestrati o confiscati sul loro territorio.
Fava e Sciarrone hanno  tracciato un quadro sintetico dei problemi che si presentano durante  l’iter di assegnazione e riutilizzo e hanno individuato in una maggior  copertura economica, un maggior supporto ai Comuni e una strategia  regionale integrata, alcuni possibili sviluppi per il futuro.
Durante la seduta sono intervenuti alcuni consiglieri di Lega, Pd e Luv per chiarimenti e approfondimenti sui motivi della bassa percentuale di utilizzo dei beni, sulle politiche di prevenzione del fenomeno mafioso, sulle buone pratiche che si possono mutuare da altre regioni.
Il  presidente della Commissione ha, inoltre, preso l’impegno di  sollecitare la Giunta e l’assessore di riferimento per la pubblicazione  del nuovo bando relativo al progetto.
Per Fava e Sciarrone sono  diversi i motivi delle difficoltà. Innanzitutto la sede territoriale  dell’agenzia nazionale per i beni confiscati è a Milano e si occupa di  tutto il quadrante nord-ovest. Andrebbero inoltre incrementati i fondi e  snelliti i tempi burocratici, che scontano anche ricorsi promossi dai  proprietari per rallentare la confisca. Infine, secondo gli auditi, gli  amministratori in alcune zone sono vittime di situazioni di paura e  intimidazione, che vanno fronteggiate con una maggior attenzione alle  politiche di contrasto alla mafia.





