Tre mesi di mandato per entrambi, tre mesi unici nella storia (e non per motivi positivi). I neo presidenti del mondo industriale cittadino e regionale arrivano al primo giro di boa con non poche preoccupazioni sul piatto, ma anche numeri che - pur rimanendo sotto lo zero - mostrano un rilancio rispetto a giugno. Un rimbalzo, anche se la risalita si sta appiattendo a settembre e il saldo di fine 2020 non potrà essere positivo.
Si cala, ma in maniera meno grave rispetto a giugno
Dati alla mano, il saldo ottimisti pessimisti sull'occupazione migliora dal -16 al -4,5%, mentre la produzione si è arrampicata dal -33,3% al -11,5%. Lo stesso discorso vale per nuovi ordini, redditività e ordini export.
Cala rispetto al massimo storico di giugno, ma resta presente il ricorso agli ammortizzatori sociali: dal 55,1 al 39,2% e le previsioni degli investimenti salgono, ma di poco (dal 15,9 al 16,1%). Restano i ritardi negli incassi (36,3%) così come i carnet di ordine.
Simile l'andamento dei servizi, rispetto al manifatturiero. E Torino età un po' meglio del resto della regione, ma senza avere grandi motivi di sorridere.
Tra i settori che soffrono di più, ovviamente ci sono commercio e turismo, rimasti letteralmente bloccati nei mesi passati. E se in parte la fiducia sembra puntare a riprendersi, l'orizzonte più credibile per la ripresa - anche se il fatturato 2020 non è crollato - non si prevede prima del 2021. Tra tutti, è la metalmeccanica (automotive soprattutto) a regalare qualche impulso più vivace, seppur partendo da un blocco quasi totale a giugno.
Marsiaj (Unione Industriale): "Sono spariti tre mesi. Ora speriamo che tutta l'Europa riparta"
"Sono spariti due mesi - sottolinea Giorgio Marsiaj, presidente dell'Unione Industriale di Torino - cui si aggiungono le settimane di vacanza. Quindi in totale si tratta di circa tre mesi fatturato spariti. La situazione è molto seria e regna l'incertezza ovunque, poi è vero che recuperiamo il terzo e speriamo anche il quarto, ma usciamo dal primo semestre con il 50% della forza lavoro del Paese a casa, 12-13 milioni di persone nel Paese. Quello che ci auguriamo è che non si vada incontro a un lockdown: sarebbe la fine del Paese e delle nostre imprese. Per fortuna la cassa integrazione ha limitato gli effetti negativi, anche se alcune aziende - compresa la mia - hanno dovuto anticiparla. Ma qui deve riprendersi il mondo intero (e solo la Cina, in tutto il mondo, sembra essere tornata ai volumi pre Covid), anche perché per i nostri prodotti è importante che riparta l'export, quindi anche Germania, Francia e Inghilterra. Oggi come mai la nostra economia dipende dallo stato di salute degli altri Paesi: la vera domanda è capire quando ci sarà questo dopo-Covid".
"Per fortuna che siamo in Europa e ci sono la Francia e la Germania, con Angela Merkel che hanno gettato le basi per il Recovery fund - aggiunge Marsiaj -. Ci sono investimenti da fare, ma bisogna dare un'accelerata. La preoccupazione sono quelle medio e piccole aziende che non hanno la forza per superare questo momento: devono trovare un accordo con le medio grandi, creando una filiera che possa dare benefici a tutti". E suoi settori: "L'auto va meglio, nonostante l'Italia abbia investito meno di Germania e Francia. Ma sui macchinari, se non c'è fiducia, non si riparte".
Gay (Confindustria): "Cauto ottimismo, ma le aziende hanno fatto il massimo per garantire la ripartenza"
"Alla luce di quanto rivelano i dati, si riscontra un certo ottimismo con un'inversione di tendenza dopo il terzo trimestre - sottolinea Marco Gay, presidente di Confindustria Piemonte -. Le aziende hanno voluto il rimbalzo e fatto tutto quello che si poteva fare, questo ci permette oggi si andare avanti con serenità, anche se non dobbiamo abbassare la guardia perché il rischio di un nuovo lockdown è quello che vogliamo assolutamente evitare".
"Dal Governo ci aspettiamo ancora più attenzione all'impresa, anche per il Recovery. Mettendo al centro giovani, digitalizzazione, internazionalizzazione e capacità del sistema produttivo vuol dire garantire quel benessere che ci permetterà di tornare a crescere".
E sul rischio licenziamenti entro fine anno: "Non sarà un'ondata, sicuramente ci saranno aziende che dovranno riorganizzare produzioni e attività perché la crisi è ancora in corso ed è forte, ma bisognerebbe studiare insieme una serie di politiche attive che contemporaneamente garantiscano la continuità e l'occupazione di chi lavora con noi".