Prosegue l’impegno della CNA per chiedere l’ abrogazione dell’articolo 10 del Decreto Crescita (legge 58/2018), che interviene sulle modalità di riscossione delle detrazioni fiscali previste per chi effettua lavori di efficienza energetica (Ecobonus). In pratica viene introdotta la possibilità di ottenere il bonus fiscale attraverso uno sconto in fattura direttamente dall’impresa che ha effettuato i lavori.
“ Questa procedura provoca un impatto insostenibile e inaccettabile per le imprese artigiane - spiega il direttore della CNA Piemonte Nord Elio Medina – che non hanno grosse risorse finanziarie. Il provvedimento rischia di agevolare i grandi gruppi. La CNA ha lanciato a livello nazionale una petizione on line (il testo in allegato con l’appello ai parlamentari), sulla piattaforma change.org. L’abbiamo già inviata tramite la nostra newsletter a tutti gli associati con il link dove poter firmare. Chiediamo anche di condividere attraverso i social media, per chi li usa ”.
“ Maggiore sarà il numero delle firme, maggiore sarà il successo della petizione – aggiunge il presidente dell’Associazione, Donato Telesca – l’obiettivo è creare un caso ‘mediatico’ che ci consenta di far comprendere a deputati e senatori le conseguenze negative che gli effetti dell’articolo 10 stanno producendo e produrranno in futuro, su tutta la filiera delle imprese che lavorano per la riqualificazione energetica, impiantisti, serramentisti, edili, con la conseguente abrogazione del provvedimento. Già alla fine del mese di maggio avevamo scritto una lettera ai parlamentari eletti nei nostri collegi di riferimento – prosegue Telesca – senza ottenere risultati apprezzabili, visto che l’articolo 10 è stato confermato nel decreto, convertito in legge. Sessantaquattro imprese associate alla CNA hanno inoltre presentato ricorso all’Autorità Garante per la Concorrenza e alla Commissione Europea. Noi non ci arrendiamo. Chiunque condivida il testo della petizione può firmare on line ”.
Di seguito il testo completo della lettera aperta ai parlamentari scritta da CNA
La prossima volta contate sino a 10 perché probabilmente non vi siete resi conto di cosa avete approvato, L’articolo 10 della Legge 58/2019, meglio conosciuta come “Decreto Crescita”, di crescita nel nostro settore non ne porterà di certo.
Con questa norma si sono voluti confondere gli sconti con le detrazioni tramite un complesso dispositivo che mette le imprese impiantistiche, dei serramenti e degli infissi in un aperto conflitto, che sembra creato ad arte, con i propri clienti ed i propri fornitori.
E’ l’intera filiera della riqualificazione energetica, che in questi lunghi anni di crisi economica ha saputo navigare nel mare in tempesta continuando, per quanto possibile, a creare ricchezza ed occupazione, a non aver bisogno di provvedimenti, come l’articolo 10 della L. 58/2019, che scaricano sulle spalle delle piccole imprese oneri che non possono sostenere.
L’ aver stabilito che i clienti, al posto delle detrazioni IRPEF, possono optare per uno sconto costringendo le imprese che fanno i lavori a farsi rimborsare questo sconto in un credito di imposta ha l’effetto di scaricare completamente sulle imprese stesse tutto l’onere finanziario derivante dal costo dell’intervento.
La tanto decantata “opzione” di scelta del contribuente inoltre non esiste. Chi sarebbe infatti così ingenuo da scegliere di usufruire delle detrazioni, che vengono rimborsate in 10 quote annuali, se può intascare lo stesso importo tutto e subito?
L’Autorità Garante della Concorrenza, in un suo pronunciamento del 17 giugno inviato ai Presidenti della Camera dei Deputati, del Senato della Repubblica e del Consiglio dei Ministri, ha rilevato che “la norma in esame, nella sua attuale formulazione, appare suscettibile di creare restrizioni della concorrenza nell’offerta
di servizi di riqualificazione energetica a danno delle piccole e medie imprese, favorendo i soli operatori economici di più grandi dimensioni”.
Il Governo, nel tentativo di venire incontro ai rilievi dell’Antitrust, ha fatto approvare un emendamento all’art. 10 che consente all’impresa che ha effettuato i lavori di poter a sua volta cedere il credito di imposta ai propri “fornitori di beni e servizi” con esclusione della possibilità di ulteriore cessione da parte di questi ultimi.
Peccato che questo stratagemma, si sia rivelato, come era facile prevedere, del tutto inapplicabile. I “fornitori di beni e sevizi” hanno infatti iniziato a tutelarsi informando ufficialmente i propri clienti, e cioè noi, di non accettare la cessione dei crediti fiscali previsti dalla norma, non avendo, anche loro, imposte da compensare.
Ed il risultato finale di questo infernale meccanismo è che sono le piccole imprese del settore ad essere il vaso di coccio tra i due vasi di ferro costituiti dai clienti, che pretendono lo sconto minacciando di rivolgersi ad altri qualora non dovessero ottenerlo, e dai fornitori che, addirittura in sede di preventivo, specificano che non accetteranno alcuna cessione di crediti fiscali.
A chi giova tutto questo? Certamente a pochi.
Non sono certo le PMI e le imprese artigiane del settore a poter infatti vantare quegli ingenti crediti d’imposta nei confronti del fisco tali da consentire la compensazione. Chi ha rilevanti crediti di imposta da compensare sono le multiutilities e gli ex monopolisti del settore dell’energia che sembrano essere gli unici beneficiari reali di quanto disposto dall’ art. 10.
64 imprenditori associati alla CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa), 64 nostri colleghi che vivono tutti i giorni la difficoltà di fare impresa, hanno ricorso all’Autorità Garante per la Concorrenza ed alla Commissione Europea affinché venga accertata l’illegittimità dell’art. 10 della L. 58/2019 per aiuto di stato illegale ed illegittimo e violazione del diritto comunitario e nazionale della concorrenza. E non saranno certamente piccole e marginali modifiche alla norma ad indurle a desistere dal percorso che hanno intrapreso.
Sarebbe pertanto fondamentale, per la vita stessa delle imprese, se questa disposizione venisse cancellata prima dei pronunciamenti dell’Antitrust e della Commissione Europea.
È per questo che vi chiediamo di attivarvi per giungere all’abrogazione di un provvedimento che non porterà alcun tipo di crescita, ma che consegnerà un intero settore, o quel che ne resterà, nelle mani di pochi grandi operatori economici.
Con tutte le conseguenze del caso.