Regione - 16 aprile 2019, 17:39

Al via la campagna elettorale per i candidati novaresi del Pd

Al via la campagna elettorale per i candidati novaresi del Pd

I numeri parlano chiaro. E per quanto sia sempre necessario dare la giusta tara a tutte le indagini demoscopiche nella fase preelettorale, non vi è dubbio che il sondaggio di Ipsos per il Corriere della Sera che ha disegnato uno scenario possibile per le elezioni regionali del Piemonte sia arrivato come una di quelle pioggerelline ristoratrici di primavera a regalare un filo di speranza ad un Partito Democratico dato per battuto in partenza dai più.

E cosa dice il sondaggio? Assegna, allo stato attuale delle cose un lievissimo vantaggio al presidente uscente Sergio Chiamparino. Il leader della coalizione del centrosinstra godrebbe del 22,3 per cento dei consensi, contro il 22 % del suo competitor, Alberto Cirio del centrodestra. Il tutto a fronte di oltre il 45% degli elettori intervistati che dichiara di non aver ancora deciso per chi votare.

Sia quel che sia, questi dati hanno dato un po’ di ossigeno all’avvio della campagna dei tre candidati del Pd novarese in corsa verso Palazzo Lascaris.

Anzi, a due dei tre. Perchè la “terza incomoda”, Sara Paladini, al momento tiene coperte le carte, ancora in cerca di un profilo da delineare con nettezza per proporsi in modo convincente agli elettori. Nelle chiacchiere con gli amici lei ci tiene soprattutto a ritagliarsi il ruolo di “ala sinistra” del tridente, rivendicando puntigliosamente la sua provenienza dalla storia che del Pci-Pds-Ds.

Appunto, il profilo.

Senza necessariamente scomodare i grandi teorici della comunicazione politica, pare evidente che la competizione in casa Pd sarà soprattutto una competizione sul profilo dei candidati. Accantonate le distanze che derivano delle diverse collocazioni nazionali, scontato il sostegno leale a Chiamparino, saranno soprattutto lo stile, il tratto, il modo di porsi e di proporsi a determinare gli orientamenti degli elettori.

E lo si è visto bene già dagli eventi di apertura delle due campagne elettorali. Quella di Domenico Rossi sabato pomeriggio all’auditorium del Parco del Welfare, quella di Augusto Ferrari al salone del Dopolavoro Ferroviario.

Già la scelta dei luoghi dice qualcosa: uno spazio ipertecnologico, moderno ed essenziale, addirittura asettico quello individuato da Rossi, un luogo della tradizione popolare, semplice e perfino un po’ kitch lo scenario preferito da Ferrari.

Anche l’approccio è apparso antitetico.

Perfettamente organizzato l’evento di Rossi, con una impaginazione accurata, tempi e spazi definiti. Si direbbe una regia un po’ renziana: qualcuno ha notato che anche la scelta dei colori, il rosso e il blu, ricorda quella delle prime campagne dell’ex sindaco di Firenze. Certamente tutto l’incontro è stato molto centrato sulla persona di Domenico Rossi, anche un po’ in contrasto con la scelta dello slogan “Il Piemonte del noi”: in realtà al centro della scena c’è stato soprattutto lui, al centro del palco, con il suo viso incorniciato dalla barba scura che campeggiava su manifesti e roll up, rimandato anche dal maxischermo alle sue spalle.

Molto più “alla buona” la serata con Augusto Ferrari: un locale anni ’70, niente manifesti, niente video e maxischermi. Le sedie in cerchio, come a ribadire un rapporto paritario e dialogante. Una scena un po’ collettivo di autocoscienza un po’ gruppo parrocchiale. E non casualmente è arrivata la rivendicazione puntigliosa della scelta di mettere insieme un incontro (sono parole sue) «senza effetti speciali, molto semplice, molto vero».

Entrambi i candidati hanno dedicato la maggior parte del tempo a presentare un bilancio il più possibile approfondito dei loro cinque anni a Torino.

Rossi è partito dai suoi classici evergreen: la legge sulle cave, cavallo di battaglia sul terreno dell’antimafia e della lotta per la legalità, il recupero del castello di Miasino bene confiscato alla mafia, poi la ludopatia e il cyberbullismo. Infine i temi della sanità di cui Rossi si è occupato come presidente di commissione nell’ultima fase della legislatura regionale.

Ferrari ha ripercorso il cammino non semplice del suo lavoro di assessore al welfare, arrivato a dare il proprio contributo al governo regionale in una situazione, quella ereditata dalla amministrazione di centrodestra di Roberto Cota, molto vicina al dissesto. Un cammino difficile, stretto, come dice l’assessore, tra vincoli e opportunità, per rimettere pietra su pietra in settori delicatissimi, come sono quelli legati a tutto il comparto dei servizi sociali e sanitari, alla casa, alla famiglia. Da qui è nato il “Patto per il sociale”, sottoscritto con le comunità del territorio della Regione, le stesse comunità da cui Ferrari sta tornando ora con cadenza pressochè quotidiana per una “restituzione” di quanto fatto in cinque anni.

Stile diverso, approccio diverso, uguale determinazione e impegno in una campagna elettorale che si annuncia lunga e difficile. Nella memoria è solo un ricordo il trionfo del 2014 con il Pd al 44% in provincia di Novara e i due candidati a dividersi quasi dodicimila preferenze in due (6300 Ferrari e 5200 Rossi).

Questo giro sarà, per entrambi, una montagna da scalare.

Ma c’è quel sondaggio…

 

Ettore Colli Vignarelli

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