(Adnkronos) - Se Ilaria Salis venisse riconsegnata all'Ungheria verrebbe sottoposta ad una "persecuzione spietata" da parte del goveno ungherese, che prosegue anche oggi ad opera del primo ministro Viktor Orban, che continua a "diffamarmi, chiamandomi terrorista". Lo sottolinea la stessa eurodeputata di Avs, in conferenza stampa a Bruxelles, dopo il voto di ieri nella commissione Juri, che ha votato a stretta maggioranza contro la rimozione della sua immunità.
Per Salis, "senza un presupposto democratico condiviso, ogni procedura inevitabilmente perde significato e validità. La commissione" Juri del Parlamento "ha riconosciuto ciò che è evidente a chiunque osservi senza pregiudizi: in Ungheria lo Stato di diritto è gravemente compromesso e la magistratura non è più indipendente, come anche lo stesso Parlamento Europeo ha più volte rilevato".
E "io, in un simile contesto, sarei sottoposta ad una persecuzione certa e spietata. Questa persecuzione - sottolinea - non è un'ipotesi: ne sono già stata vittima nei 15 mesi di detenzione preventiva, trascorsi in condizioni disumane, sulla base di accuse pretestuose e mai verificate".
Per Salis, "l'accanimento, motivato da ragioni ideologiche, non è mai cessato. Anzi, continua tuttora: il governo ungherese, per bocca dello stesso Orban, non smette di diffamarmi, chiamandomi terrorista e minacciando di sbattermi in galera. Tutto questo senza nemmeno la decenza di attendere un verdetto, violando così il principio elementare della presunzione di innocenza, che è alla base di ogni Stato di diritto degno di questo nome".
Stato di diritto che, "evidentemente", continua, non è "alla base di una democrazia illiberale, come la definisce compiaciuto Orban. Non è alla base di una democratura, come la definiscono invece gli scienziati politici. Da quando sono stata eletta al Parlamento Europeo - nota - l'odio del regime nei miei confronti si è ulteriormente intensificato".
Per l'eurodeputata, "non è un caso che la richiesta di revoca della mia immunità sia stata trasmessa il giorno successivo al mio intervento in plenaria, proprio di fronte a Orban. Non è un caso che, quando prendo parola in Aula, vengo aggredita con insulti e diffamazioni dal gruppo dei Patrioti, soprattutto dai deputati ungheresi di Fidesz. E non è un caso che il portavoce di Orban", Zoltan Kovacs, "abbia ripetuto più e più volte che il mio posto sarebbe la prigione, non il Parlamento. Tutto ciò dimostra una volontà precisa di screditarmi in quanto eurodeputata, attraverso il metodo della diffamazione e della minaccia", conclude.