Per anni abbiamo gridato, allarmati, dello spopolamento delle nostre montagne. E, invece, numeri alla mano, siamo qui a descrivere come, dal Covid in poi, oltre quattordicimila cittadini hanno scelto di trasferirsi in un comune delle montagne piemontesi. È come se dal 2019 a 2023 un’intera cittadina si fosse trasferita in quota. E i suoi abitanti si fossero sparpagliati tra le 39 valli piemontesi. Il saldo migratorio si conferma positivo, con un aumento del 2,6% dei residenti.
In tutta Italia sui 100mila nuovi ingressi nelle aree montane, 65mila sono italiani e, quindi, non stranieri immigrati. È la fotografia che arriva dal Rapporto Montagne di Uncem.
Ora si tratta di vedere se si tratta di trasferimenti veri, oppure se – dopo lo spauracchio del lockdown – i cittadini hanno spostato la residenza dove magari avevano la seconda casa, per crearsi così una via di fuga in caso di nuove, future chiusure. Però, il rapporto ci dice che tra i nuovi residenti in montagna, ci sono molte coppie under 40 con bimbi, quindi vitali per quelle piccole comunità. Molti anche gli ultrasettantenni che rincorrono l’idea di una pensione serena, senza lo stress della grande città.
Servono, però, servizi adeguati. Dai trasporti alla sanità, agli sportelli bancari, per arrivare ai più semplici: tv, telefonia, banda ultralarga. Molti cittadini potrebbero spostarsi in montagna a lavorare con lo smartworking, se ci fossero linee internet efficienti e veloci.














