Attualità - 10 maggio 2025, 08:45

Ahmadreza Djalali, colpito da infarto in carcere. Si riaccende l’appello per la sua liberazione

Il medico e ricercatore iraniano naturalizzato svedese è stato colpito da un malore nella prigione di Evin. Amnesty International e la sua famiglia chiedono cure immediate e il rilascio

Ahmadreza Djalali, ricercatore e medico iraniano naturalizzato svedese, è stato colpito da un infarto nella notte tra giovedì e venerdì mentre si trovava nella prigione di Evin, a Teheran. La notizia è stata confermata dallo stesso Djalali, che con una breve telefonata ha informato la moglie dell’accaduto. Nonostante la gravità della situazione, il cardiologo del carcere lo visiterà solo dopo 48 ore, lasciandolo di fatto privo di cure adeguate in un momento critico.

Condannato a morte per presunto spionaggio nel maggio 2022, Djalali vive ormai da *nove anni* una drammatica prigionia caratterizzata da torture, isolamento e un costante deterioramento della sua salute. Proprio lo scorso 25 aprile è ricorso l’anniversario della sua detenzione, e a Novara – dove aveva lavorato per anni presso il Crimedim, il Centro di ricerca in medicina di emergenza dell’Università del Piemonte Orientale – è stato ricordato con la concessione della cittadinanza onoraria.

L’episodio del recente infarto ha riacceso le richieste di intervento da parte di Amnesty International, che ha nuovamente sollecitato le autorità iraniane affinché garantiscano al medico tutte le cure necessarie, compresa una visita cardiologica urgente. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, ha ribadito che Djalali “non può stare un minuto di più in quel carcere” e ha denunciato il trattamento subito: “Ancora una volta chiediamo con forza al governo iraniano di rilasciare Djalali, cittadino europeo.”

La sua famiglia, attraverso la moglie Vida Mehrannia e l’avvocato Nima Rostami, si è rivolta nuovamente al governo di Stoccolma affinché intervenga per salvarlo. “Dopo nove anni di sofferenze, la sua salute sta rapidamente peggiorando. La sua vita è ora in pericolo immediato,” hanno dichiarato, esortando il premier svedese Ulf Kristersson e il ministro degli Esteri Maria Malmer Stenergard ad adottare misure concrete per ottenere il rilascio del ricercatore.

Secondo Noury, la situazione è ormai insostenibile: “Da anni diciamo che va scarcerato perché condannato a morte per un reato che non ha commesso e perché in carcere rischia di morire prima ancora che il boia si prenda il disturbo di uscire di casa.”Amnesty e altre organizzazioni umanitarie insistono affinché Djalali venga trasferito immediatamente in una struttura ospedaliera fuori dal carcere, dove possa ricevere cure adeguate.

L’appello ora è rivolto anche ai governi europei, affinché non restino in silenzio di fronte a questa emergenza e agiscano per salvare la vita del medico e garantirgli una giusta libertà.

Redazione