Quasi 3 italiani su 4 (74%) dicono no al cibo sintetico prodotto in laboratorio che gruppi di potere finanziario e multinazionali stanno cercando di imporre sui mercati mondiali nonostante le perplessità sugli effetti a lungo termine sulla salute umana. È quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Notosondaggi che è stata presentata alla Fazi - Fiera Agricola Zootecnica Italiana di Montichiari, in Provincia di Brescia, la più importante manifestazione italiana a livello internazionale dedicata all’allevamento, cui ha preso parte anche una nutrita delegazione di imprenditori agricoli di Coldiretti Piemonte.
Alla Fazi, il Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida ha partecipato all’incontro promosso dalla Coldiretti, dove ha annunciato che il 6 novembre è previsto l’avvio della discussione in aula alla Camera del disegno di legge per l’approvazione definitiva del divieto del cibo sintetico in Italia, dopo che il Senato ha già dato il via libera alla legge.
Una risposta alla grande mobilitazione della Coldiretti che ha portato alla raccolta di oltre 2 milioni di firme a sostegno del provvedimento, con oltre 2.000 Comuni che hanno deliberato a favore spesso all’unanimità, tutte le Regioni oltre a Ministri e Sottosegretari, Parlamentari nazionali ed europei e Sindaci. In Piemonte sono già state raccolte oltre 60 mila firme e hanno espresso il “no” al cibo sintetico più di 500 comuni di ogni colore politico ed esponenti di ogni schieramento, oltre al governatore Alberto Cirio.
“Una mobilitazione che ha il merito di aver acceso i riflettori su un business in mano a pochi ricchi e influenti nel mondo sul quale si è finalmente incominciato a fare luce – spiegano Cristina Brizzolari, presidente di Coldiretti Piemonte, e Bruno Rivarossa, delegato confederale -. L’Italia, che ha la leadership europea nella qualità e nella sicurezza alimentare, ha la responsabilità di fare da apripista in Europa a tutela delle imprese e dei cittadini. La diffidenza generale conferma la necessità di rispettare il principio di precauzione di fronte ad una nuova tecnologia con molte incognite che rischia di cambiare la vita delle persone e l’ambiente che ci circonda. La sfida che lanciamo alle Istituzioni europee è che i prodotti in laboratorio nei processi di autorizzazione non vengano equiparati ai novel food, bensì a prodotti a carattere farmaceutico”.
L’Efsa dovrà tenere conto – spiega la Coldiretti – di quanto segnalato nel rapporto Fao e Oms sul cibo a base cellulare, ossia che esistono rischi riguardanti la trasmissione di malattie, le infezioni animali e la contaminazione microbica oltre alla necessità di una particolare attenzione sull’uso di componenti come fattori della crescita e ormoni usati nei bioreattori ma vietati negli allevamenti europei da oltre 40 anni. Per il tipo di processo e per gli ingredienti utilizzati – continua la Coldiretti – vanno applicate le procedure autorizzative previste per i medicinali, che necessitano di prove sperimentali di almeno dieci anni. Non è un caso che in Paesi dove è stata consentita la vendita come Israele, prima del consumo venga chiesta la firma su una liberatoria dalle responsabilità e conseguenze sulla salute.
Ma pesano le preoccupazioni anche sul piano ambientale. I risultati della ricerca realizzata da Derrick Risner e colleghi dell’Università della California a Davis – conclude Coldiretti – hanno evidenziato che il potenziale di riscaldamento globale della carne sintetica definito in equivalenti di anidride carbonica emessi per ogni chilogrammo prodotto è da 4 a 25 volte superiore a quello della carne bovina tradizionale.