Ora,  da una settimana, siamo in primavera. E' terminato un inverno che si  classifica, dal punto di vista climatologico, come il quinto più caldo a  livello planetario, con una temperatura superiore di quasi un grado  rispetto alla media del Ventesimo Secolo. 
In Piemonte le piogge sono diminuite dell’85%, il riempimento del Lago Maggiore è al 40% e ovunque si conferma la scarsità  di risorse idriche nei bacini di valle, come mai negli ultimi 16 anni.  Il Grande Fiume è nuovamente in secca e in una ventina di Comuni del  Piemonte i rifornimenti idrici avvengono tramite autobotti. 
La preoccupazione è alta, e non è difficile immaginare il perché: con  il Po a secco è a rischio la produzione di un terzo di quanto  consumiamo a tavola e che proviene proprio dalla Pianura Padana. 
Per quanto riguarda il Piemonte è a rischio la produzione risicola,  di cui siamo i leader in Italia e non solo. Non stanno meglio gli altri  cereali, il comparto ortofrutta, i vigneti e gli allevamenti. 
 In un anno cosa è stato fatto? Forse nulla. Nell'inverno è nevicato  poco, le piogge sono scarse e circa l'80% dell'acqua piovana va perduto. 
In tutte le valli piemontesi sono pronti progetti per realizzare  invasi e mini dighe, ma mancano le autorizzazioni degli organi  competenti. 
E allora non resta che sperare nel dio della pioggia o tornare a fare  le rogazioni, processioni propiziatorie sulla buona riuscita delle  seminagioni che hanno la finalità dì attirare la benedizione divina  dell'acqua. Come facevano i nostri nonni.