I rappresentanti delle organizzazioni sindacali delle professioni infermieristiche sono stati sentiti dal gruppo di lavoro sulla gestione dell’emergenza Covid-19, presieduto da Daniele Valle.
All’audizione sono intervenuti i delegati della Funzione Pubblica Sanità di Cgil, Cisl, e Uil, Usae Fsi, NurSind, Nursing up e Coina, che hanno parlato di un sistema sanitario regionale su cui ha pesato il piano di rientro e che si porta dietro debolezze strutturali che la pandemia ha fatto emergere, a partire dalla medicina e dall’assistenza territoriale.
Stesso discorso per le dotazioni organiche degli ospedali, che vanno   incrementate per fare fronte all’aumento di posti letto dovuto   all’emergenza e per garantire da una parte la certezza delle cure per   tutti, dall’altra la tutela della salute e la sicurezza per i   lavoratori. Senza contare che infermieri e operatori socio sanitari del   pubblico vengono impiegati, con prestazioni aggiuntive, anche   all’interno delle residenze sanitarie assistite, in cui manca   personale.  Poi problemi con gli screening, carenze di organico,   organizzazione non appropriata in alcuni ambiti.
  
Sul tema, Domenico Rossi e Raffaele Gallo  (Pd) hanno  chiesto quante siano state finora le nuove assunzioni, a  fronte delle  2500 annunciate (di cui oltre 1000 per infermieri). Gli  auditi hanno  parlato di difficoltà a reperire i dati dalle aziende  sanitarie e  capire quali tipologie contrattuali siano state attivate,  ricordando  che ci sono graduatorie aperte per l’assunzione di 500 unità a  tempo  indeterminato. 
  
Marco Grimaldi (Luv) ha invece posto domande  sull’attuazione  del piano di sorveglianza sanitaria per gli operatori  sanitari, sul  reperimento del personale infermieristico per le Unità  speciali di  continuità assistenziale (Usca) e sul coordinamento delle  politiche  nelle Asl, dove i protocolli regionali vengono applicati in  modi  differenti. Sul primo punto i sindacati hanno sottolineato che  ancora  oggi molte aziende non hanno attuato i protocolli regionali,  altre si  sono attivate in ritardo andando a intasare il lavoro dei  laboratori  che processano i tamponi. 
  
Riguardo al personale che presta servizio nelle Usca, è stato precisato che arriva da altri servizi territoriali (servizi di igiene pubblica, assistenza domiciliare eccetera) e dalle aree di degenza.














