Il 16 giugno 2019 presso la Sede del Parco del Ticino a Villa Picchetta a Cameri si è tenuta la conferenza “Oro, pesca, pietre, mulini…Antichi mestieri della Valle del Ticino” a cura del direttore Benedetto Franchina.
L’iniziativa fa parte di una rassegna oggetto di un protocollo di intesa tra L’ENTE DI GESTIONE DELLE AREE PROTETTE DEL TICINO E DEL LAGO MAGGIORE con l’Associazione PRO NATURA NOVARA; presenti alla conferenza anche gli “Amici della fotografia” di Trecate e Atl di Novara.
Questa conferenza ha avuto lo scopo di raccontare gli ambienti, la storia e i mestieri della Valle del Ticino e di tutte le figure ad essa connesse, come mugnai, campari, cercatori d’oro…
Prima di dare qualche informazione riguardo alla vita lavorativa dell’epoca, la conferenza si è aperta con una descrizione del territorio del Parco Naturale del Ticino Piemonte e delle sue risorse naturali.
“Il Parco occupa una superficie di 6500 ettari. Esso è costituito da una vallata, dapprima profondamente incassata che si amplia progressivamente con declivi più dolci, ricchi di boschi, con grandi anse del fiume. A sud, la valle si allarga maggiormente creando una serie di ramificazioni tra ghiareti e isoloni, periodicamente sommersi dalle piene”.
“Dal Lago Maggiore alla provincia di Pavia il Ticino attraversa paesaggi ed ambienti molto diversi tra loro: dapprima l’anfiteatro morenico che accerchia a sud il Lago Maggiore, quindi la pianura divagante. Il primo tratto del fiume è incassato fra colline ricoperte da boschi di pino silvestre, querce e betulle; il corso è ben definito. Segue un tratto ove la valle si allarga, delimitata da terrazzi che il fiume stesso, nei millenni passati, ha modellato con il suo corso mutevole e divagante: compaiono qui le prime lanche, alimentate da acque sfuggite al corso del fiume o affioranti in corrispondenza della linea delle risorgive. L’ultimo tratto è decisamente più vago. Il greto è molto ampio, l’asta del fiume si frammenta in rami che delimitano distese di ciottoli e sabbia e che a volte si impaludano in avvallamenti laterali”
L’incontro ha proseguito con la spiegazione dei vari mestieri a cui la conferenza è dedicata, per esempio:
IL MUGNAIO: Una ricchezza quasi dimenticata, ma che in realtà esiste ancora ed è preziosa, anche se ignorata da molti. Nelle comunità rurali del passato, il mulino per la produzione della farina e il forno collettivo per la cottura del pane erano garanzia di sopravvivenza e anche di un certo benessere. Il mestiere del mugnaio era tramandato di padre in figlio. Ognuno aveva i suoi segreti per la macinatura dei cereali. Una posizione ottimale garantiva un notevole guadagno ed era anche molto importante l’onesta e la bravura del mugnaio. Alcuni scontavano il prezzo che dovrebbero pagare al mugnaio per la macinatura, lasciandoli il "bozzolo" (una parte della farina) e pagando sempre lo "spolvero"(parte della farina che andava perduta nella lavorazione).
IL CAMPARO: Il compito del camparo era quello di monitorare di dare manutenzione alla distribuzione dell’acqua…In poche parole garantire l’irrigazione ai terreni.
I CERCATORI D’ORO: Come in tutti i fiumi di origine alpina, soprattutto Po, Dora Baltea, Adda, Serio, Oglio, il Ticino è un bacino in cui è possibile trovare l’oro. Esiste una vera e propria documentazione di concessione di cavare oro dai greti del fiume risalente al Barbarossa, anche se già Plinio parla di diverse testimonianze in proposito. Le concessioni passarono di mano in mano tra feudatari ed ecclesiastici, fino a quando tutti i greti dei fiumi italiani passarono sotto il Demanio, che iniziò ad assegnare le licenze ai richiedenti. Fino alla Seconda Guerra Mondiale, da Varallo Pombia a Galliate, circa seicento cercatori trascorrevano la loro giornata chini sui setacci. Il duro lavoro era ripagato dalla raccolta di 10-15 g al giorno del prezioso elemento e, a fine mese, il guadagno era dieci volte superiore a quello di un operaio che lavorava in fabbrica! Alla fine dell’800, una compagnia francese, decise di avviare un’impresa di estrazione estensiva per mezzo di draghe a vapore, ma il tutto si risolse in un fallimento: nessun sistema industriale è infatti in grado di emulare la segreta capacità dei cercatori d’oro, tramandata di generazione in generazione. Oggi la situazione è cambiata, le risorse sono nettamente diminuite e la ricerca dell’oro in Italia è diventata un hobby per i pochi che hanno un po’ di tempo, molta pazienza e una grande resistenza fisica.
GLI AMBIENTI…
Il FIUME: Il Ticino inizia il suo corso sulle montagne svizzere ed entra nel lago Maggiore dopo aver disegnato una vasta regione del territorio elvetico che prende il suo nome: Canton Ticino.
Esce dal lago Maggiore tra Sesto Calende e Castelletto Ticino dove inizia il suo percorso italiano in una valle stretta e profonda che poi si allarga progressivamente scendendo verso sud. Dopo un percorso di oltre cento chilometri che lo porta ad attraversare popolose province come Varese, Novara, Milano e Pavia, si getta nel Po presso il ponte della Becca.
IL BOSCO: Parlare della storia dei boschi della Valle del Ticino ci porterebbe ad epoche molto lontane, quando immense selve, composte da secolari querce, tigli ed olmi, ostacolavano il passo alle genti liguri, che per prime si erano spinte nell'entroterra. Dovremmo poi considerare l'opera bonificatrice e colonizzatrice dell'uomo, che attraverso i secoli ha profondamente mutato il paesaggio, tanto che oggi poco o nulla rimane dell'antica foresta padana.
Con i loro 3.500 ettari, i boschi costituiscono la principale dominante del paesaggio del Ticino, di cui occupano i terrazzi, le coste e le fasce lungo il fiume, alternandosi nella valle pianeggiante alle coltivazioni.
I PRATI: Nella valle del Ticino la coltura agricola più diffusa è ancora il prato. I prati vengono irrigati sfruttando l'acqua del Ticino, distribuita nella valle attraverso una fitta rete di rogge e canali che sono stati costruiti dall'uomo nel corso dei secoli.
Una tecnica di coltivazione particolare introdotta alcuni secoli fa dagli abati Cistercensi, è la marcita: prato che in inverno viene sommerso da uno strato di acqua corrente per riparare dal gelo la cotica erbosa. Questa tecnica permette all'agricoltore di ottenere un taglio di erba in più rispetto agli altri prati. Le marcite sono una preziosa risorsa naturale che permette di avere nel Parco molti spazi verdi anche nei mesi invernali.
A conclusione il Direttore Benedetto Franchina dell’Ente è intervenuto dicendo: “la giornata di oggi è stata organizzata con l’obiettivo di creare un gruppo di lavoro e una collaborazione tra le associazioni presenti ma anche con i musei e i soggetti del territorio interessati per portare avanti un’attività di ricerca volta ad addivenire ad una pubblicazione, che possa non solo essere letteratura storica ma anche modello per uno sviluppo economico ecocompatibile”.
Anna Dénes, presidente Pro Natura Novara: “Pro Natura Novara ha iniziato questa collaborazione con l'obiettivo condiviso di far conoscere meglio tutti gli aspetti dell'area Parco Ticino, valorizzandone i diversi aspetti: è un'area a due passi da Novara, ma forse dai cittadini poco conosciuta nelle sue numerose valenze ambientali e storico-antropologiche. Una prima Conferenza a cura dell’arch. Perroni Monica infatti è stata organizzata in primavera a Novara presso Fondazione Faraggiana sulla gestione del nuovo Ente; a questa di domenica seguirà poi in autunno un'altra conferenza a Novara, che presenterà a cura dell'Ente il programma MAB UNESCO. Creiamo così un percorso di collaborazione che potrà aprirsi a numerosi sviluppi.”